Il sequestro della struttura turistico-balneare denomianta “Kalura”, eseguita dalla Guardia Costiera il 6 Novembre scorso, su disposizione della Procura della Repubblica di Reggio Calabria, lascia spazio ad una serie di considerazioni che questo organismo federale non può ignorare. Premesso che soltanto le aule di Tribunale potranno accertare come realmente stiano le cose e noi attendiamo con fiducia e con una certa impazienza di conoscere la verità, non si può fare a meno di porsi qualche domanda. Una struttura come il “Kalura” che ormai da cinquant’anni opera con la stessa gestione sul territorio con prestigio e dignità tanto da dover essere annoverata tra le poche – anzi pochissime aziende – che riescono ancora a reggere il mercato e che non sono state travolte né dalla crisi, né dal ‘malaffare’ che invece ha investito altre realtà simili del territorio, perché ha subito questa cocente, drastica e repentina chiusura ? Siamo forse di fronte a qualche gestione “sospetta” ? Eppure ci risulta che la famiglia che gestisce il locale sin dalla sua nascita è certamente tra le più stimate e benvolute dalla stessa clientela rappresentata dalla migliore società reggina. Ci risulta pure che mai in cinquant’anni la stessa gestione abbia creato problemi di qualsivoglia natura. Naturalmente, e lo ribadiamo con forza, siamo i primi a sostenere che una struttura “sine titulo” non può occupare certamente in modo illegittimo il suolo demaniale, soltanto che il “Kalura” il “titulo” lo ha sempre avuto. Ci risulta infatti, che ha sempre chiesto e ottenuto permessi, licenze, autorizzazioni, condoni come le legge vigenti dispone. Con con il passaggio delle competenze in materia ai comuni, si era creata da alcuni anni un’anomalia dovuta al fatto che la struttura è a cavallo fra le amministrazioni comunali di Reggio Calabria e di Villa San Giovanni. Palazzo San Giorgio ha rinnovato regolarmente la concessione di sua competenza, cosa che invece non ha fatto l’ufficio tecnico villese, che con una esasperante e pretestuosa serie di ostacoli burocratici – fra l’altro anche essi sanati – ha poi portato a quanto accaduto il sei novembre scorso. Dopo tali considerazioni, chiediamo che la Magistratura – nella quale poniamo sempre la massima fiducia – compia, anche in tempi celeri, le indagini del caso. Occorre infatti la massima urgenza poiché, oltre ai gestori, bisogna dare risposta ai tantissimi dipendenti del locale che provvisoriamente comunque si trovano ad essere senza lavoro. Occorre il massimo sforzo, da tutti gli organi competenti, per restituire alla città il “Kalura”, una delle più importanti realtà imprenditoriali della provincia reggina.