L’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII affronta in nave il tema dei diritti negati – domani l’approdo ad Ancona
Sono ragazzi arrivati dal Ghana, dalla Somalia, dalla Romania, dal Brasile, dalla Terra dei fuochie da molte altre parti d’Italia; sono ospiti dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da Don Oreste Benzi: in collaborazione con la Fondazione Tender to Nave Italia onlus hanno promosso anche quest’anno un’esperienza di condivisione con gli uomini della Marina Italiana. Navigano a bordo di Nave Italia, brigantino di 61 metri destinato all’educazione, alla riabilitazione e all’inclusione sociale. Hanno contribuito Fondazione Cassa di Risparmio di Fossano e Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo. Salpata dal porto di Ortona (Chieti) martedì 9 settembre, la nave attraccherà ad Ancona domani sabato 13 settembre. I membri all’equipaggio, 20 marinai professionisti comandati dal Capitano di Vascello Andrea Barbalonga, sono affiancati da altrettanti ragazzi; il numero dei naviganti non è casuale. A bordo ciascuno è parte integrante dell’equipaggio, collabora con i marinai nei lavori più quotidiani (come la pulizia della nave) e in quelli più tecnici e delicati come le manovre alle vele. Ma la vita di bordo non è esclusivamente lavoro (seppure sia fondamentale in uno spazio così stretto per comprendere l’importanza del gioco di squadra e della sintonia tra le persone), ma anche riflessione e confronto. Vengono condivise le proprie esperienze, spesso segnate da fatiche e sofferenze. Fabio Gallo, membro della Comunità, è fra gli educatori accompagnatori: «Un anno fa attraversavo il mare in compagnia di alcuni ragazzi provenienti dal carcere; oggi navighiamo per ascoltare i racconti di vita che provengono dalle terre di mezzo, da quelle frontiere del disagio che Papa Francesco ci indica continuamente. Sono luoghi di confine dove i diritti dei deboli sono del tutto negati e calpestati». D. è un profugo di diciotto anni ghanese, arrivato in Italia dalla Libia con un barcone: «Io sono arrivato con un gommone così e sopra eravamo in centodieci», racconta indicando un mezzo di emergenza pensato per per una dozzina di persone.