Arena: “Lo scioglimento ha potenziato la ‘Ndrangheta e danneggiato la gente”

La sentenza del Consiglio di Stato non mi sorprende: non riponevo alcuna speranza nell’accoglimento del ricorso! Come è noto, subito dopo il provvedimento di scioglimento, ho dichiarato di non essere appassionato all’idea di adire i tribunali, cosa che ho fatto, successivamente, soltanto perché mi è stato richiesto dai miei concittadini ed al solo scopo di difendere la dignità della mia città e di un’intera comunità.

È con amarezza che devo constatare che ad un provvedimento palesemente ingiusto e penalizzante sono seguite sentenze dello stesso tipo! Le conseguenze di tutto ciò sono sotto gli occhi di tutti, persino di coloro i quali hanno plaudito allo scioglimento ritenendolo un regolamento di conti in ambito politico o di chi, in buona fede, vi ha visto un illusorio, quanto improbabile mezzo per superare delle criticità esistenti“.

Lo afferma Demi Arena, ex Sindaco di Reggio Calabria per pochi mesi da giugno 2011 a ottobre 2012 quando Palazzo San Giorgio è stato commissariato “per infiltrazioni di ‘Ndrangheta“. Ed è proprio su questo punto che oggi si sofferma l’ex primo cittadino ed esponente di spicco del Nuovo Centro/Destra calabrese. “La genesi dello scioglimento dell’Amministrazione comunale è da ascrivere ad una azione politica supportata da una virulenta campagna mediatica i cui attori, soggetti di eterogenea estrazione, hanno fatto di tutto per giocarsi Reggio sui tavoli romani. Il tutto ha trovato la sponda del Ministro (tecnico) Cancellieri la cui estrazione e cultura si sono manifestate chiaramente durante l’esercizio del suo breve mandato.

In uno Stato di diritto e sulla base della norma in vigore, si sarebbe dovuto accertare se l’Amministrazione in carica fosse condizionata dalla criminalità organizzata o ad essa permeabile. Tutto ciò non è avvenuto: le modalità con cui si è proceduto rispondono a logiche di uno Stato autoritario che ha voluto adottare un provvedimento “esemplare”. 

Si è addebitato alla disciolta amministrazione di non aver contrastato la criminalità organizzata, negli appena 6 mesi in cui ha operato con pieni poteri prima dell’arrivo della commissiona d’accesso, contestandogli procedure amministrative risalenti ad epoca antecedente (addirittura di alcuni decenni!!) all’insediamento della disciolta amministrazione. Il provvedimento di scioglimento e le conseguenti decisioni dei tribunali amministrativi si sono fondati essenzialmente su una Relazione costruita su un insieme di dati del tutto errati, al solo fine di offrire un quadro generale di assoluto degrado.

Una fitta matassa inestricabile di notizie su parentele o presunte frequentazioni di amministratori non supportate da prove o, comunque, indizi, ma da semplici suggestioni. Mentre, per quanto riguarda gli elementi emersi nel corso di operazioni dell’autorità giudiziaria, gli stessi sono venuti meno a seguito delle recenti pronunce, in sede penale, del Tribunale di Reggio Calabria“, aggiunge Arena.

 “La norma in questione, visti gli effetti devastanti prodotti, è stata oggetto di revisione nel 2009, attraverso l’introduzione del principio restrittivo degli “elementi concreti, univoci e rilevanti”, finalizzato a impedire un utilizzo eccessivamente discrezionale della stessa; purtroppo detta riforma è stata vanificata dall’attività interpretativa posta in essere nei nostri Tribunali, fondata su analisi di contesto rispondenti all’equazione “presenza diffusa della mafia sul territorio uguale scioglimento”. 

Ad oggi, inoltre, nonostante autorevoli Magistrati, Prefetti e Parlamentari di ogni colore politico concordino sulla necessità di procedere ad una radicale riforma, nulla si muove. La verità è che non si è mai voluto porre adeguate soluzioni e risposte, ciò, probabilmente, perché nella nostra terra la ‘ndrangheta rappresenta causa ed effetto, alibi, copertura, strumento: la politica continua a far finta di niente o, ancor peggio, ad utilizzare la ‘Ndrangheta come mezzo di scontro“.

arenaLo scioglimento delle amministrazioni locali, di fatto, non ha come risultato quello di colpire ed indebolire la mafia, ma di fatto la potenzia, in quanto gli effetti che produce determinano condizioni di disagio per i cittadini, di disordine e di inefficienza amministrativa; in questo contesto, unito alla perdita dei riferimenti eletti per la comunità, la mafia si potenzia acquisendo maggiore consenso sociale.

Ma tutto ciò non è un mio personale pensiero, bensì un dato di fatto che trova riscontro nella circostanza che le gestioni commissariali non hanno mai ripristinato condizioni di legalità, anzi hanno dimostrato l’assoluta incapacità di gestire i servizi essenziali; non a caso, assistiamo alla reiterazione periodica di scioglimenti di amministrazioni locali che, dopo il primo intervento dello Stato, avrebbero dovuto essere epurate da ogni pericolo di mafiosità. 

Se lo Stato continua a porsi come antagonista e non come alleato della parte sana della comunità (che è la stragrande maggioranza!), mostrando il volto autoritario, con un approccio di lombrosiana memoria, il rischio concreto è che si possa acuire irrimediabilmente la distanza fra le Istituzioni e le comunità meridionali, che sempre di più individuano nella mafia e nell’antimafia due facce della stessa medaglia.

Occorre porre fine ai proclami demagogici, all’antimafia di facciata, alle passerelle, agli inutili protocolli d’intesa: è giunta l’ora che le Istituzioni, ed in particolare il Parlamento, pongano in essere un’azione incisiva e concreta per modificare la norma e ricercare gli strumenti più adeguati a contrastare la ‘Ndrangheta”.

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