Il voto democratico

votareUn mercoledì mattina, di fine aprile, bussarono alla porta della classe, era il bidello. Aveva in mano un librone dalla copertina marrone scuro che consegnò al maestro Zaccaria. Il maestro lesse l’avviso che dal venerdì al mercoledì mattina non saremmo andati a scuola, poiché c’erano le “votazioni”. Poi ci dettò l’avviso in modo che lo scrivessimo sul quaderno, per riportarlo all’indomani firmato dai nostri genitori. All’uscita da scuola vedemmo nella sala refezione tutti i tavoli radunati al centro, mentre in un angolo stava accatastato dell’arredo “elettorale”. La mattina seguente chiesi al maestro di spiegarci di cosa si trattava. Ci spiegò che questa era la espressione della Democrazia, che avevamo conquistato con la Costituzione, della quale, invero, ci parlava spesso. Feci vedere lui i volantini che avevamo raccolto per strada, lanciati da auto in corsa, munite di alto parlanti che invitavano a votare per questo o per quello. Chiesi come mai se la Costituzione parlava solo della democrazia poi c’erano tanti partiti: Movimento Sociale, Liberale, Monarchico, Repubblicano, Democrazia Cristiana, Socialdemocratico, Socialista, Comunista. Rispose che era appunto questa la democrazia. Non capii. La sera chiesi lumi a mio padre, mi disse che la sua democrazia era il Movimento Sociale. Il giorno dopo lo raccontai al maestro. Non mi rispose. All’uscita, stavamo andando via, mi richiamò in classe e mi spiegò che la democrazia era la libertà che aveva mio padre di dire per chi votava. Anche egli si sentì libero di dirmi che votava Partito Comunista. Aggiunse però che la vera democrazia era il fatto che egli, pur votando diversamente, aveva un rispetto infinito degli ideali di mio padre, come mio padre aveva un rispetto infinito dei suoi di ideali. Finalmente avevo capito che la democrazia era votare liberamente, rispettando gli uni il voto dell’altro.

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