L’avv. Giovanni de Stefano vince una battaglia dai tratti coraggiosi
Si è concluso in questi giorni, l’iter processuale che ha visto imputato un noto imprenditore reggino per non aver fatto fronte tempestivamente agli impegni di spesa di natura previdenziale con l’INPS. Lo stesso , infatti, a causa del particolare momento di grave congiuntura economica che ha colpito la sua, come tantissime altre aziende della nostra terra in particolare- naturale conseguenza di una crisi ormai endemica e generalizzata- si è visto costretto, suo malgrado ad adempiere all’intimazione di pagamento con ben tre mesi di ritardo rispetto al termine intimato dalla diffida.
La diagnosi appare, quanto mai, chiara. Viene definita “ desertificazione imprenditoriale ed urbana”. All’origine della moria di tante imprese, con il lungo strascico di conseguenze drammatiche in termini soprattutto occupazionali, c’è infatti sicuramente l’ormai cronicizzata congiuntura economica dalla portata mondiale. Ma alla cosiddetta “crisi”, nel nostro interland, vanno sicuramente sommate molte altre ataviche e storiche ragioni.
La recessione ha ridotto drasticamente gli scarsissimi margini d’azione e di profitto delle poche imprese presenti sul nostro difficile territorio, facendo emergere tutto il peso devastante delle debolezze normative e burocratiche del complessivo sistema Italia, provocando così la morte di molte, troppe imprese.
L’avv. Giovanni De Stefano, giovane e brillante avvocato reggino, è riuscito nell’ambizioso quanto coraggioso intento. Con una sentenza dalla portata storica, infatti, il Tribunale di Reggio Calabria in composizione monocratica, ha assolto l’imprenditore reggino dal reato di omesso versamento dei contributi previdenziali, perché ne ha riconosciuto la peculiare e delicata situazione che, associata ad un’assoluta buona fede, ne ha in qualche modo giustificato il ritardato pagamento. Necessario il contestuale verificarsi di alcune precise condizioni: l’esiguità degli importi dovuti; l’occasionalità nell’inadempimento; la dimostrata buona fede nel ritardo.
Non potendosi configurare, infatti, alcuna fattispecie legata alla volontarietà dell’azione, neppure sotto la forma del dolo eventuale, il mero ritardo non è apparso sufficiente per i giudici reggini, a configurare pienamente una condotta imputabile. Ed il solo ritardo, nel versamento dei contributi, per comprovate cause esogene ed indipendenti dalla volontà, appare di per se sufficiente a dimostrarne l’assoluta buona fede, escludendone la volontarietà del soggetto a non rispettare i termini del versamento precedentemente intimati.
Ci si auspica che questa possa rappresentare se non la, una delle soluzioni temporanee più efficaci. Si dovrà fare molto e la strada è ancora tutta in salita. Questa vittoria giudiziale, dovrà, tuttavia rappresentare un piccolo concreto barlume per tutti quegli imprenditori virtuosi che, nonostante tutto e tutti, vogliano trovare il coraggio per crederci ancora.
comunicato stampa