Università Mediterranea, al via il progetto “Architetture per i Paesi in via di sviluppo”

mostraFirmati nel dipartimento “dArTe” i protocolli per l’Atelier di tesi che coinvolgerà una trentina di laureandi. Giovani dell’ateneo reggino metteranno le loro competenze al servizio di un nuovo strumento etico di cooperazione internazionale. L’esordio vedrà protagonista la Tanzania

 La sala bianca “dArTe” del dipartimento di Architettura e Territorio dell’università Mediterranea di Reggio Calabria ha ospitato l’apertura dell’Atelier di tesi di laurea dal titolo “Architetture per i Paesi in via di sviluppo”. Il progetto, promosso dai docenti Rita Simone, Sebastiano Nucifora, Agostino Urso, Alessandro Villari, in collaborazione con Filippo Frazzetta, Irene Caltabiano e Laura Marino, propone ad una trentina di laureandi un’esperienza di tesi interamente dedicata alle aree del mondo a povertà diffusa. Un contributo concreto per accrescere lo sviluppo, garantire i diritti e innalzare la qualità della vita in questi luoghi. Il paese di esordio sarà la Tanzania.

In quest’ottica, sono stati firmati i Mou (Memorandum of Understanding) della durata di due anni, con la finalità di avviare e promuovere, in collaborazione con figure giuridiche e professionali realmente impegnate nella cooperazione internazionale, attività condivise di ricerca. Gli ambiti interessati sono la riqualificazione urbana in slums e aree informali, il Social Housing, la salvaguardia del patrimonio architettonico storico e coloniale, la gestione delle risorse energetiche, le soluzioni progettuali per strutture scolastiche e ospedaliere con materiali locali e tecnologie a basso costo.

IMG_firma2A suggellare l’impegno, il direttore del dipartimento Gianfranco Neri ed i rappresentanti delle Ong quali ACRACCS Milano, Associazione Giovanni Secco Suardo di Bergamo, Intervita di Milano e VIS di Roma. In loro rappresentanza, Lanfranco Secco Suardo, Giorgio Zucchello e Nico Lotta, hanno illustrato agli studenti mission e visione delle organizzazioni. Un progetto che coniuga didattica e ricerca – ha evidenziato Neri – con la potenziale capacità di spezzare la diretta proporzionalità tra benessere e reddito, ponendo l’accento sulla qualità non necessariamente frutto di speculazione ma perseguibile con l’attenzione ai bisogni primari al momento della progettazione delle opere”.

Sulla stessa lunghezza d’onda, Rita Simone che ha parlato di “esperienza che potrebbe creare opportunità professionali ponendo al centro l’etica del progettare e del costruire senza intento alcuno di colonizzare, ma proponendo un nuovo approccio alimentato dalla curiosità e dalla voglia di misurarsi con nuove dimensioni”. Etica, sostenibilità, qualità della vita innescano un approccio che in realtà, è facilmente spendibile in tanti altri contesti”, ha ribadito il professore Sebastiano Nucifora. Si tratta di una progettazione reale – ha evidenziato Alessandro Villari – non sperimentale, capace di incidere sulla vita di intere comunità, al fianco delle Ong, per la realizzazione dei presidi primari. Quello che stiamo riscoprendo è una nuova etica che unisce la progettualità all’esigenza di dare risposte ai bisogni essenziali delle persone in luoghi rimasti ai margini”.

L’Atelier si inquadra nell’ambito delle iniziative di internazionalizzazione dell’ateneo reggino già avviate, attraverso partenariati, con l’Università tanzaniana di Iringa e con la municipalità di Dar -El Saalam. La firma dei protocolli è stata seguita da un convegno, da una tavola rotonda e da un workshop. Allestita inoltre nel foyer della facoltà la mostra fotografica di esperienze analoghe già condotte. L’esposizione denominata “Needs”, curata da Salvatore Spataro (GGAF. Gruppo Giovani Architetti Firenze), rimarrà allestita fino al prossimo 22 marzo.

 Comunicato stampa Labecom

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