Rapporto ISTAT sul 2013: aumenta il Debito e diminuisce il PIL. Il governo Renzi sarà capace di cambiare rotta?
di Fabrizio Condemi – i primi numeri del 2014, sebbene di modestissima entità, fanno sempre ben sperare nel futuro ma a darci la misura dell’effettivo stato dell’economia italiana é il rapporto sul 2013 da parte dell’ISTAT. Da pochi giorni, infatti, abbiamo il resoconto dell’annus horribilis, quale il 2013: debito pubblico in aumento (mai così in alto da quando esistano le registrazioni) e PIL in ribasso come non mai da quando abbiamo adottato l’Euro. Vediamo nel dettaglio. Il rapporto debito-Pil italiano nel 2013 ha raggiunto il 132,6%. É l’Istat che precisa che si tratta del livello più alto dal 1990, anno di inizio delle serie storiche confrontabili. Nel 2012 il debito era al 127,0% del Pil. L’avanzo primario è stato pari, in rapporto al Pil, al 2,2% (era 2,5% nel 2012). Il Pil nel 2013 è diminuito dell’1,9% ed è ora leggermente sotto i livelli del 2001. L’ultima stima ufficiale del governo prevedeva un calo dell’1,7%. Ai prezzi di mercato il Pil nel 2013 è risultato pari a 1.560.024 milioni di euro correnti, con una riduzione dello 0,4% rispetto all’anno precedente. Cosa abbia comportato la diminuzione del Pil é facile intuirlo ma nel leggere i numeri dell’Istat si capisce del perché non si possa stare troppo allegri per l’immediato futuro: Nel 2013, infatti, le importazioni sono scese del 2,8% su base annua, i consumi finali del 2,2%, con un -2,6% dei consumi delle famiglie (la spesa per gli alimentari è caduta del 3,1%, quella per la sanità del 5,7% e quella per l’abbigliamento del 5,2%) e una discesa del -0,8% delle spese della P.A.; gli investimenti fissi lordi calano del 4,7%. Solo le esportazioni segnano un aumento, seppur minimo, dello 0,1%. A livello settoriale, poi, si registrano bollettini di guerra, visto che il valore aggiunto ha registrato un calo in volume in tutti i principali comparti, ad eccezione dell’agricoltura, silvicoltura e pesca (+0,3%). Aggregando i settori in macroaree abbiamo il quadro effettivo generale dato che le diminuzioni sono state del 3,2% nell’area industria, del 5,9% nelle costruzioni e dello 0,9% nei servizi. La pressione fiscale complessiva nel 2013 è risultata pari al 43,8%, in diminuzione di 0,2 punti percentuali rispetto al 2012. Le entrate totali della P.A., pari al 48,2% del Pil, sono diminuite nel 2013 dello 0,3% sull’anno precedente (+2,5% nel 2012). Nel dettaglio, le entrate correnti scendono dello 0,7%, attestandosi al 47,6% del Pil. Le imposte indirette calano del 3,6%, a causa del calo del gettito Imu, Iva e accise. Le imposte dirette salgono dello 0,6%, essenzialmente per effetto dell’aumento dell’Ires e dell’imposta sostitutiva su ritenute, interessi e altri redditi da capitale. Come si vede l’aumento delle imposte indirette produce praticamente la stessa entrata (aumentano le aliquote ma diminuisce il gettito) ma con la naturale registrazione di una contrazione dei consumi, effetto tipico della recessione. A questo punto é il nuovo governo che deve dare slancio all’economia nazionale, smorzando la tensione fiscale e tributaria sulle famiglie e sulle imprese e incoraggiando la ripresa dei consumi, ma il governo Renzi ne sarà capace? Ci limitiamo a riportare quanto ha dichiarato il neo ministro dell’economia Padoan nell’aula della Camera alla presentazione del piano economico di governo: “…Ribadisco alcuni punti chiave che guideranno l’azione del governo. In questo periodo di ripresa debole, che il governo si impegna a rafforzare, limitare l’incertezza è fondamentale. Senza investimenti i guadagni interni di occupazione rimangono limitati. Questo orientamento farà parte integrante di una strategia per posti di lavoro e imprese” . Padoan poi ha parlato dell’azione a contrasto dell’evasione fiscale. “Non bisogna addormentarsi“, sono state le parole del ministro. “ll monitoraggio dei risultati della lotta all’evasione e gli effetti di efficienza richiedono una permanenza dell’azione contro l’evasione e quindi strumenti che evitino l’addormentarsi su risultati che paiono acquisiti e che invece devono essere confermati continuamente“. Certo i dubbi sulla possibilità che ci troviamo di fronte ad un ennesimo governo che chiederá (ancora!) sacrifici finanziari all’Italia intera, dopo questo criptico discorso, sembrano persistere ed alimentarsi ma volendo essere propositivi, ci collocheremo accanto a chi vuole aspettare i primi risultati prima di giudicare. Tanto peggio di così sará difficile andare… O forse no?