Di sicuro è stato chiaro che la Corte costituzionale, di fronte al legittimo impedimento, non solo ha preferito “non decidere”, ma d’altra parte viste le sue numerose spaccature all’interno, ha anche deciso di non approfondire queste ultime; è meno chiaro, tuttavia, cosa avverrà adesso.
La Corte ha riconosciuto il principio secondo cui premier e ministri a causa della loro funzione hanno dei motivi specifici rispetto agli altri cittadini per non presentarsi in udienza. Tuttavia, e questo rappresenta la vera svolta, sarà il giudice a giudicare caso per caso se è giustificata l’assenza in udienza: il legittimo impedimento non è dunque automatico.
Nello specifico, è stato cancellato il comma 4 dell’ articolo 1 della legge 51 del 2010, relativo all’ ipotesi di impedimento continuativo e attestato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e l’ obbligo, da parte del giudice, di rinviare l’ udienza di sei mesi. Nella pratica, accadrà che i vertici internazionali, come gli impegni con altre istituzioni anche dell’Unione europea, costituiranno senza dubbio un legittimo impedimento per il primo ministro ad essere presente nelle aree giudiziarie.
I giudici del collegio di un tribunale, invece, potrebbero dover valutare, ad esempio, se un incontro informale all’ estero con un capo di Stato, amico personale del presidente del Consiglio dei Ministri, debba essere considerato un impedimento oppure no.
Nello singolo caso specifico, non c’è altro da aggiungere se non che ripartiranno i processi contro Silvio Berlusconi: non è facile capire, a questo punto, come mai le indagini del processo siano iniziate proprio il giorno seguente alla decisione della Corte. Si può dunque ed ancora una volta parlare di complotto?
Elisa Gerardis