I Comuni calabresi si organizzino per curare le entrate

Alfonso Naso, dalle pagine di Gazzetta del Sud, ci ricorda che i comuni calabresi in dissesto, dal 1989 ad oggi, sono stati 189, mentre molti altri hanno fatto ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale sul finire del 2012 e molti altri ancora, aggiungo io, hanno fatto ricorso a detta procedura, nel primo semestre dell’anno in corso. Situazione drammatica quindi, quella dei comuni calabresi. Situazione che , quasi sempre, scaturisce dalla mancata riscossione dei tributi locali e delle entrate proprie. Voci queste che, in passato, costituivano appena il 30 per cento delle entrate correnti del comune, mentre il restante 70 per cento era costituito dai trasferimenti dello Stato. Oggi questo rapporto è invertito, per cui cresce, fra gli addetti ai lavori, la preoccupazione: se in passato, quando le entrate proprie erano meno di un terzo, rispetto alle necessità, il numero dei comuni dissestati era così elevato, oggi che le entrate proprie sono più di due terzi, rispetto alle necessità, cosa accadrà? Accadrà che i nostri comuni non solo finiranno per ripetere dissesti su dissesti, ma ne pagheranno le conseguenze i cittadini, quelli onesti che hanno sempre pagato il dovuto, che vedranno crescere gli importi spaventosamente, tutti, che non potranno più godere neanche dei servizi minimi. Cosa fare allora. Occorre che i comuni calabresi rovescino la piramide organizzativa, che vedeva al vertice i lavori pubblici, fonte di spesa visibile, per porre al vertice la gestione delle entrate, magari creando quell’ufficio delle entrate, da sempre auspicato e suggerito dagli esperti, che si preoccupi di accertare e poi curare la riscossione di tributi ed altre entrate (idrico, concessioni edilizie, canoni concessori, ecc.) che consentiranno la sana gestione e la erogazione di servizi degni di un paese civile.

 

Enzo Cuzzola – http://enzocuzzola.blogspot.it

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