A un anno di distanza esatto dalla rivolta degli immigrati africani di Rosarno, alcune centinaia di immigrati sono nuovamente scesi in piazza chiedendo “documenti, diritti e dignità”. Erano circa 300 i manifestanti che hanno sfilato per le vie della cittadina della Piana e che, come detto, hanno chiesto a gran voce diritti sul lavoro e condizioni di vita migliori. La richiesta primaria però rimane quella di avere dei documenti per potere essere messi in regola con il lavoro, perché quasi tutti i migranti della Piana sono richiedenti di asilo politico. Questa situazione di promiscuità, fa rimanere gli immigrati in un limbo oscuro, perché di fatto possono rimanere sul suolo italiano, ma non possono lavorare perché non in possesso di documenti e spesso, per potere tirare avanti, lavorano in nero, sottopagati e senza alcun diritto. La manifestazione è stata promossa dalla Cgil e dalla Rete Radici, e l’iniziativa ha avuto come obiettivo una sorta di riconciliazione con la città dopo i fatti scoppiati un anno fa. Il corteo è stato salutato dal neo sindaco Elisabetta Tripodi, la quale si è impegnata in prima persona per allestire un campo di prima accoglienza che dovrebbe essere pronto entro la prossima settimana. L’obiettivo della manifestazione, cioè la riconciliazione con la città di Rosarno, non ha avuto un grosso successo. Di fatto gli abitanti hanno assistito alla manifestazione dai balconi, dalle porte di casa e dai negozi, ma non vi hanno partecipato. Anzi alcune persone hanno mostrato quasi un atteggiamento “ostile” di fronte alle richieste dei migranti, ripetendo più volte che il lavoro a Rosarno non manca solo ai lavoratori immigrati, ma a tutte le persone che qui ci vivono e non sanno come arrivare alla fine del mese o semplicemente della settimana. Qualche iniziativa, come già detto, è stata intrapresa e un centro di prima accoglienza sorgerà nella città, dando ospitalità a circa 120 persone, che non vivranno più al buio, senza acqua, luce e gas, ma potranno usufruire almeno dei servizi di prima necessità. Certo l’intervento non potrà sistemare tutte gli 800 immigrati presenti sulla Piana, ma almeno un piccolo passo è stato fatto. Il campo sarà costruito dall’Amministrazione Comunale e dalla Protezione Civile. La Rete Radici dal canto suo è fortemente critica verso le amministrazioni della Piana giudicando il campo di accoglienza «ampiamente insufficiente rispetto ad una domanda che nessuna istituzione si è ancora una volta e incredibilmente preparata ad accogliere». E aggiungendo che: « la storia dei progetti annunciati e mai partiti è lunga e corposa come quando, nel gennaio 2007, fu sottoscritto un protocollo per trasformare l’ex cartiera in un centro di accoglienza e aggregazione sociale. Il progetto naufragò pochi mesi dopo col ricorso della ditta arrivata seconda che bloccò tutto».
Salvatore Borruto