Siamo nella redazione dell’agenzia Dire, a Roma. E l’ambizione non è solo esserci ma farlo da protagonisti. “Vi incoraggio a sparigliare, a trovare forme nuove di coinvolgimento” l’invito di Laurence Hart, direttore per il Mediterraneo dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim). Parla delle diaspore come di un modello, in cerca di “modalità innovative”, sia di aiuto e solidarietà che di programmazione per lo sviluppo.
“Questa è una buona pratica italiana alla quale l’Europa può ispirarsi” dice Hart del Coordinamento, nato grazie ad anni di confronti e sinergie e già attivo (per ora) in nove regioni: Piemonte, Lombardia, Liguria, Trentino, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Puglia, Sicilia e Sardegna.
Accanto ad Hart c’è Estrela, animatrice a Bari dell’associazione culturale Origens, ora anche neo-vicepresidente del Coordinamento. Più a destra il presidente, Bertrand Mani Ndongbou, laziale e camerunense, e Cleophas Adrien Dioma, parmigiano e burkinabé, fondatore di Le Reseau. Un laboratorio di iniziative, questo, da anni in prima fila perché la legge 125 del 2014 di riforma della cooperazione italiana allo sviluppo mantenga le promesse: le diaspore, che abbiano radici africane, latino-americane, europee o asiatiche, devono essere protagoniste per la loro caratteristica di ponte verso i Paesi e le realtà d’origine.
E il Coordinamento, presentato con una conferenza stampa alla Dire nel giorno stesso della costituzione formale, guarda già avanti. “Il Piano Mattei deve coinvolgere anche le diaspore e quindi dobbiamo elaborare subito delle proposte” l’appello di Dioma, in riferimento all’iniziativa del governo italiano per l’Africa, al centro della conferenza di Roma del 28 e 29 gennaio prossimi. “Parlare del continente senza di loro non ha senso”.