(DIRE) Roma, 18 Apr. – Negli ultimi anni il fenomeno delle dimissioni è cresciuto sensibilmente identificandosi come un fenomeno in forte crescita e sebbene sia una tendenza a livello mondiale, l’Italia non si è sottratta: i dati del Ministero del Lavoro italiano dichiarano infatti che i numeri cessati nel 2022 sono oltre 1,6 milioni, il 22% in più rispetto allo stesso periodo nel 2021. Seppure gli ultimi dati rilasciati indichino una frenata di tale tendenza, la forza lavoro più giovane si è comunque slegata dal concetto di “posto fisso”, difatti uno studio di AIDP (Associazione Italiana Direzione Personale) ha mostrato che le dimissioni volontarie toccano il 60% delle aziende in Italia.
La fascia d’età maggiormente coinvolta è quella tra i 26 e i 35 anni (circa il 70% del campione indagato), a cui segue la fascia tra i 36 e i 45 anni ricercando un nuovo, ricercando un nuovo lavoro per raggiungere una posizione lavorativa più alta, il cosiddetto job hopping, o per motivi di matrice personale o ancora realtà lavorative poco attrattive e responsive nei confronti delle esigenze dei lavoratori. La ricerca di un miglior life-work balance è sicuramente uno dei motivi principali che si cela dietro questo fenomeno che dovrebbe muovere le aziende verso modelli organizzativi maggiormente votati a politiche di welfare: welfare e great resignations sono infatti le facce di una stessa medaglia.
“Oggi il welfare non può essere trascurato ma dovrebbe essere parte integrante di un disegno di business che preveda retribuzione adeguata e riconoscimenti che mirino a trattenere i talenti: le persone sono sempre più alla ricerca di un posto di lavoro che si integri con la loro vita al fine di non subordinare quest’ultima al lavoro- sostiene Luca Furfaro, esperto di welfare e titolare dello Studio Furfaro- Il lavoro è cambiato, soprattutto dopo lo spartiacque della pandemia, e anche i dipendenti hanno aspettative diverse nei confronti della propria azienda. In Italia le dimissioni non toccano i numeri altissimi dell’estero, anche se il dato dovrebbe ricomprendere anche i lavoratori che decidono con i loro comportamenti di abbandonare l’azienda, ma costituiscono comunque un fenomeno da osservare come riverbero del mondo del lavoro e c’è tutto un sistema di regole e norme da rispettare per consegnare le dimissioni in modo corretto”.
Quante persone conoscono davvero come presentare le proprie dimissioni? Che regole comportamentali seguire e quali sono i diritti che tutelano i lavoratori? Ecco le risposte a queste domande, ma non solo, di Furfaro.
LE NORME DEL GALATEO DELLE DIMISSIONI – La lettera di dimissioni non basta più e le dimissioni su Tik Tok non hanno alcun valore legale. Le uniche dimissioni che valgono sono quelle online date attraverso il portale Cliclavoro del governo o date attraverso intermediari come il consulente del lavoro o sindacati. Questa nuova pratica è stata introdotta per tutelare i lavoratori e contrastare il fenomeno delle dimissioni in bianco, per essere quindi certi che il dipendente fosse autonomo nella sua decisione di lasciare il proprio posto di lavoro e non forzato da altri; è uno strumento che serve quindi a certificare la volontà del dipendente.
I tempi giusti per il preavviso dipendono dal contratto collettivo applicato, dal livello raggiunto e dall’anzianità: questi i 3 elementi da valutare ma l’attenzione è anche da porre sul giorno in cui si presentano le dimissioni e sulla loro effettiva partenza, se previsto dal contratto collettivo. Durante il preavviso inoltre bisogna lavorare: aggiungere giorni di ferie o di malattia allunga il periodo di preavviso e i giorni di effettivo lavoro che devono essere svolti in toto presso l’azienda che si sta lasciando. E’ buona norma, dal punto di vista etico, fornire tale preavviso per permettere il passaggio di consegne: in caso di mancato svolgimento il datore di lavoro potrà trattenere l’importo corrispondente al periodo non svolto dalle ultime retribuzioni. Bisogna distinguere tra diversi tipi di dimissioni: dimissioni volontarie, in prova, per giusta causa e nel periodo tutelato.
Le prime sono mosse dalla volontà del lavoratore, il quale deve prestare attenzione a tutte le norme sopracitate; ciò che spesso non si conosce è il fatto che le dimissioni volontarie possono essere date solo durante un contratto di natura a tempo indeterminato giacché il tempo determinato legalmente prevede che il dipendente porti a termine il rapporto di lavoro. Esiste anche una possibilità di revoca: entro 7 giorni dalla data di trasmissione dei moduli il lavoratore ha la possibilità di cambiare idea e revocare le dimissioni attraverso una semplice operazione online. La revoca può essere motivata da un successivo accordo con il proprio datore di lavoro o semplicemente dal mutare dell’idea.
Le dimissioni in prova invece sono quelle che possono essere presentate durante il periodo di prova stabilito con il proprio datore di lavoro ed indicato nel contratto di lavoro individuale. In questo caso il dipendente non ha nessun obbligo di preavviso e, allo stesso modo, il datore di lavoro può decidere di licenziare la persona in prova in qualsiasi momento all’interno di questo periodo. Si parla poi di dimissioni per giusta causa in alcuni casi specifici tra cui la mancata retribuzione perpetrata per più mensilità o abusi sul posto di lavoro. In questo caso non è richiesto un preavviso: è necessario però che vengano comunicate le motivazioni per le quali si intendono dare le dimissioni; in quest’ultima casistica sarà possibile accedere alla Naspi, ovvero la disoccupazione.
UNA NOVITÀ NEL QUADRO NORMATIVO: LE DIMISSIONI DEL PADRE DOPO IL CONGEDO PARENTALE – Con la modifica del congedo del padre, lo stesso ha acquisito un ulteriore diritto: la possibilità di accedere all’assegno di disoccupazione nel caso di dimissioni volontarie entro il primo anno di vita del bambino. Si tratta di una norma che, di fatto, eguaglia ulteriormente il ruolo del padre a quello della madre. (Red/Dire) 05:05 18-04-23