Il Consiglio di Stato dichiara illegittima la proroga delle concessioni balneari

Qualsiasi proroga automatica sulle concessioni balneari, compresa quella fino al 31 Dicembre 2024 disposta pochi giorni fa dal decreto milleproroghe, è  da considerarsi illegittima. Lo ha affermato la sesta sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 2192 del 1° Marzo scorso che si è pronunciata incidentalmente anche sulla recentissima proroga di un anno concessa dal Governo, a distanza di pochi giorni dalla sua approvazione.
Le origini del contenzioso
 
Il Consiglio di Stato si è espresso su un ricorso presentato dall’Autorità garante della concorrenza (Agcm) contro il Comune di Manduria, che a novembre 2020 con una delibera di giunta aveva disposto l’estensione delle concessioni balneari fino al 2033 in base a quanto stabilito dalla legge di bilancio 145/2018.
L’Agcm, ritenendo l’estensione al 2033 in contrasto col diritto europeo, in quel periodo aveva presentato svariate diffide contro i Comuni che avevano applicato la proroga al 2033, tra cui quello di Manduria. Non essendosi quest’ultimo adeguato ai rilievi dell’Antitrust, il garante della concorrenza aveva deciso di impugnare la delibera innanzi al Tar di Lecce, il quale però ha respinto il ricorso. Ma l’Agcm non ha accettato la decisione del tribunale amministrativo salentino e si è rivolto al Consiglio di Stato, il quale ha dichiarato illegittima la proroga al 2033 e proibito qualsiasi ulteriore rinnovo automatico sulle concessioni balneari. Le proroghe sulle concessioni balneari – con cui lo Stato italiano ha gestito la materia negli ultimi tredici anni – sono contrarie alla direttiva europea Bolkestein e al Trattato fondativo dell’Unione europea, in quanto rappresentano dei rinnovi automatici ai medesimi titolari. E pertanto devono essere disapplicate.
In particolare nella succitata sentenza viene richiamato l’art. 12 della direttiva 2006/123/CE, laddove sancisce il divieto di proroghe automatiche delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative, ribadendo che la direttiva è norma self executing e quindi è immediatamente applicabile nell’ordinamento interno, con la conseguenza che le disposizioni legislative nazionali che hanno disposto (e che in futuro dovessero ancora disporre) la proroga automatica delle suddette concessioni sono con essa in contrasto e pertanto, non devono essere applicate (cfr., in termini, fra le tante, Cons. Stato, Sez. VII, 21/2/2023, n. 1780; 6/7/2022, n. 5625; 15/9/2022 n. 810);  si stabilisce inoltre  che  il dovere di disapplicare la norma interna in contrasto con quella comunitaria autoesecutiva, riguarda, per pacifico orientamento giurisprudenziale, tanto i giudici quanto la pubblica amministrazione (Corte Cost., 11/7/1989, n. 389; Cons Stato Sez. VI, 18/11/2019 n. 7874; 23/5/2006, n. 3072; Corte Giust. UE, 22/6/1989, in C- 103/88, Fratelli Costanzo, e 24/5/2012, in C-97/11, Amia).
Miriam Sgrò

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