Si è aperto ieri nella nota località svizzera per la 53esima edizione, la prima in presenza dopo gli anni della pandemia, il World Economic Forum di Davos. Un’edizione che vede presenti 2700 leader invitati da tutto il mondo tra capi di Stato (52), ministri (379), capi azienda (600), economisti e altre personalità, pubbliche e private.
Alla vigilia dell’evento, manifestanti della Gioventù socialista e del collettivo Strike-Wef si sono riuniti nella località turistica svizzera, rivendicando l’introduzione di una tassa sul clima per i super-ricchi e la riduzione del debito per i Paesi del Sud con lo slogan «Tax the Rich, Save the Climate». La principale critica all’organizzazione è stata quella di non offrire alcuna soluzione per fronteggiare i problemi attuali, come la catastrofe climatica.
I temi maggiormente analizzati dagli economisti sono stati quelli riguardanti le congiunture negative che le imprese dovranno affrontare nel 2023. Le prospettive per l’economia globale sono negative, con quasi un intervistato su cinque che ora considera estremamente probabile una recessione globale nel 2023, più del doppio rispetto al precedente sondaggio effettuato nel settembre 2022. Quasi tutti gli economisti intervistati (9 su 10) prevedono che la domanda debole eserciterà un “significativo freno all’attività economica quest’anno”, mentre l’87% si aspetta un rallentamento dovuto ai costi di finanziamento elevati e oltre il 60% si aspetta lo stesso da costi di produzione più alti. Di questi, i prezzi dell’energia, in particolare in Europa, minacciano la competitività dei produttori.
Estendendo la panoramica a livello internazionale, Ira Kalish, chief global economist di Deloitte, ha sottolineato che: “L’economia globale rallenterà considerevolmente nel 2023 con una recessione da moderata a profonda in Europa”. Mentre si prevede “una recessione o un rallentamento modesto negli Stati Uniti e una crescita storicamente lenta in Cina”. All’interno di questo quadro, le previsioni economiche per l’Italia sono in linea con quanto preventivato: un anno di crescita che arrancherà, con percentuali al lumicino e tutte le conseguenze per quanto riguarda la politica economica da mettere in campo.
Sugli altri dati macroeconomici, l’inflazione in Nord America diminuirà rapidamente mentre in Europa calerà a un ritmo più lento. È probabile che i mercati del lavoro rimangano “tesi”. Questo fenomeno sarà guidato da vari fattori: dati demografici, Covid-19 ancora circolante, minore partecipazione alla forza lavoro e migrazione molto ridotta. Le tendenze geopolitiche rimarranno incerte, costringendo le aziende a concentrarsi maggiormente sulla resilienza e sulla ridondanza della supply chain [catena di approvvigionamento, ndr]” sostiene ancora Ira Kalish. Quanto segnalato è confermato dalle previsioni del Fondo monetario internazionale secondo cui circa un terzo dell’economia globale entrerà in recessione nel 2022 o 2023. IL fondo monetario Internazionale (FMI) ha inoltre ridotto le sue previsioni del Pil mondiale per l’anno in corso al 2,7%.
Ursula Von der Leyen, oggi a Davos, dal palco del World Economic Forum, ha sostenuto invece la necessità di programmare un piano UE per affrontare la transizione ecologica.
Investimenti per l’energia pulita e un fondo di sovranità europeo per innovazione e Green Economy sono prioritari. La Ue deve “realizzare la transizione verso le emissioni zero senza creare nuove dipendenze” e per farlo “c’ è bisogno di un Piano industriale per il Green Deal”.
“Dobbiamo essere competitivi con le offerte e gli incentivi che sono disponibili all’esterno dell’Unione europea”, ha chiosato von der Leyen. Un riferimento neanche troppo implicito al piano di riduzione dell’inflazione annunciato negli Stati Uniti dal presidente Biden, che si propone di attrarre investimenti sull’energia verde e le tecnologie pulite: una legge considerata la scelta più importante di politica ambientale dall’accordo di Parigi del 2015.
Sul piano finanziario, “gli aiuti di Stato sarebbero una soluzione limitata”, ha aggiunto la presidente della Commissione e per evitare la frammentazione del Mercato unico “dobbiamo aumentare i finanziamenti Ue” mentre “per il medio termine inseriremo un Fondo sovrano europeo nella revisione del nostro bilancio 2023”. Sul piano normativo, “proporremo un nuovo ‘Net Zero Industry Act” sulla falsariga del Chips Act. “Ciò fornirà una soluzione strutturale per aumentare le risorse disponibili per la ricerca, l’innovazione e i progetti industriali strategici. Ma poiché realizzare questi obiettivi richiederà del tempo, esamineremo una soluzione ponte per fornire un supporto rapido e mirato dove è più necessario” – ha proseguito ancora von der Leyen
Sugli investimenti energetici la presidente della Commissione ha anche sottolineato: “L’Europa e gli Stati Uniti da soli intendono investire quasi 1 trilione di dollari per accelerare l’energia pulita. Abbiamo il potenziale per promuovere in modo massiccio il percorso verso la neutralità climatica. Lavoreremo in sinergia con gli Stati Uniti per garantire che i nostri rispettivi programmi di incentivi siano equi e reciprocamente rafforzati. Al centro della visione comune c’è la nostra convinzione che la concorrenza e il commercio siano la chiave per accelerare la tecnologia pulita e la neutralità climatica”. Semplificare le norme sugli aiuti di Stato, è un’ altra misura citata dalla presidente della Commissione: “Per mantenere l’attrattiva dell’industria europea, è necessario essere competitivi con le offerte e gli incentivi attualmente disponibili al di fuori dell’UE. Per questo proporremo di velocizzare e semplificare le norme vigenti sugli aiuti di Stato”.
Replica dall’Ecofin il ministro dell’Economia italiano, Giancarlo Giorgetti: “il semplice allentamento delle regole degli aiuti di Stato non è una soluzione perchè sarebbe sproporzionato avvantaggiare gli Stati membri che godono di un margine di bilancio più ampio, aggravando così le divergenze economiche all’interno dell’Unione”.
Miriam Sgrò