Case green: il verde che non fa ben sperare

Fit for 55 è un pacchetto di proposte, annunciato per la prima volta il 14 Luglio 2021,  che fa parte della  politica ambientale intrapresa e portata avanti dall’ Unione Europea  nell’ ambito dell’ ambizioso progetto Green Deal che mira a:
  • ridurre emissioni di anidride carbonica – Co2 del 55% entro il 2030;
  • raggiungere l’ obiettivo di neutralità climatica, ovvero emissioni zero di carbonio entro il 2050;
  • garantire una transizione energetica  giusta e socialmente equa;
  • mantenere e rafforzare l’innovazione e la competitività dell’UE ;
  • sostenere la posizione leader dell’UE nella lotta globale contro i cambiamenti climatici.

Bruxelles  a  proposito di emissioni nocive  ha chiarito che di esse sono responsabili  in gran parte gli edifici a uso abitativo e dal 2030  il 40% di tali emissioni dovrà  essere abbattuto.

In concreto  ciò significa che “gli edifici dovranno consumare poca energia, essere alimentati per quanto possibile da fonti rinnovabili, e non  emettere in loco emissioni di carbonio da combustibili fossili”. Questi ultimi sono responsabili di oltre un terzo delle emissioni di gas a effetto serra nell’UE, e ridurre il loro impatto è un passaggio imprescindibile per arrivare alla tanto  agognata neutralità climatica entro il 2050.

In particolare, il testo della nuova direttiva sulle cd “case green”  presentato dall’eurodeputato irlandese Ciaran Cuffe (Verdi europei) , in linea con gli obiettivi prefissati a livello europeo, introduce obblighi di ristrutturazione stringenti per rendere gli edifici a uso abitativo efficienti dal punto di vista ambientale. L’efficienza energetica viene calcolata su una scala che va da A (più efficiente) fino ad arrivare  a G (meno efficiente). Tutti gli immobili europei dovrebbero raggiungere la classe energetica E entro il primo Gennaio  2030, per poi rientrare  entro il 2033 nella classe D.  In pratica, i proprietari dovranno ristrutturare gli appartamenti, sostituendo infissi, caldaie, installare pannelli solari e cappotto termico, per arrivare a un taglio dei consumi energetici di almeno il 25%. L’ eurodeputato  propone di utilizzare finanziamenti del Fondo sociale per il clima e del Recovery, e incoraggiare i Paesi UE a promuovere “ristrutturazioni di comunità” a livello di quartiere.

La Commissione non ha ritenuto necessario per il momento introdurre sanzioni, lasciando i governi nazionali liberi di prendere in esame questa possibilità. Sei mesi è  invece il timing che si è data la presidenza di turno svedese dell’Unione europea per approvare la direttiva sulla “casa green”.

Da evidenziare, che alcune esenzioni sono state introdotte a  iniziare dagli immobili qualificati “ufficialmente” come storici. Ciò significa che alcuni edifici tutelati dalle norme sui beni culturali non dovranno essere sottoposti a interventi di efficientamento energetico.  Altre esenzioni sono previste per gli edifici di culto, le abitazioni indipendenti inferiori a 50 metri quadrati e le seconde case (a patto che siano abitate per meno di quattro mesi l’anno).

Una direttiva che sta destando comunque una sere di polemiche, viste le criticità e i non pochi interrogativi ad essa strettamente correlati. A destare preoccupazione  l’ esborso ingente in termini economici per fronteggiare la spesa, necessaria per l’ adeguamento, che verrà richiesto ai cittadini in un momento storico caratterizzato da incertezze e aumento di prezzi.
Anche le condizioni del parco immobili italiano non buone  destano perplessità a sentire la presidente di Ance, Federica Brancacci. “L’Italia ha una posizione quasi unica, visto che abbiamo un patrimonio residenziale che presenta una proprietà molto frazionata e frammentata, non appartenente a grandi società che affittano come spesso avviene all’estero. Se a questo aggiungiamo che è anche il patrimonio più vetusto d’Europa con un grande peso dei centri storici, è chiaro che gli obiettivi della direttiva creano problemi”. “Ben il 74% dei nostri immobili – prosegue Federica Brancacci – è stato infatti realizzato prima dell’entrata in vigore della normativa completa sul risparmio energetico e sulla sicurezza sismica”.
Una casa green è dunque  possibile in Italia? Secondo vari monitoraggi effettuati  sugli attestati di efficienza energetica (APE) degli edifici a uso abitativo italiani , il 75,4% rientra nelle classi E, F, G e in quest’ultima più di un terzo (35,3%). Secondo Ance 9 milioni su circa 12 milioni di edifici residenziali non sarebbero in grado di garantire le performance energetiche previste dalle nuove normative. La strada da seguire secondo Ance è quella degli incentivi statali strutturali. È giunto il momento di sedersi attorno a un tavolo per dare una prospettiva alla politica degli incentivi, senza fermarsi alle micro modifiche sui bonus o sulle cessioni dei crediti”.
Foto di Mediamodifier by Pixabay

Preoccupata per le ricadute sul mercato immobiliare e sul mercato delle ristrutturazioni anche Confedilizia. “I tempi ridottissimi determineranno una tensione senza precedenti sul mercato, con aumento spropositato dei prezzi, impossibilità a trovare materie prime, ponteggi, manodopera qualificata, ditte specializzate, professionisti ecc. Nell’immediato, poi, l’effetto sarà quello di una perdita di valore della stragrande maggioranza degli immobili italiani e, di conseguenza, un impoverimento generale delle nostre famiglie.

Sul piede di guerra anche la politica.  Tommaso Foti , capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera dei Deputati, afferma: “Fratelli d’Italia mette in guardia dal tentativo dell’Unione europea di rifilare all’Italia, con la direttiva sull’ efficientamento energetico, una patrimoniale camuffata che va a ledere i diritti dei proprietari”.
“La proposta di subordinare la possibilità di vendita o fitto di un immobile ad una classe energetica alta è  una ipotesi irrealistica avverso la quale abbiamo presentato un’apposita risoluzione in Parlamento”.
La misura, secondo Foti, avrebbe “un impatto devastante sul mercato immobiliare, sui cittadini e sulle famiglie. L’Europa non può scaricare sulle famiglie italiane i costi della transizione energetica. Se si esagera sulla sostenibilità ambientale, senza neppure preoccuparsi di una adeguata gradualità temporale entro cui intervenire, si mette a rischio la sostenibilità sociale”.

Miriam Sgrò

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