Un francese è stato licenziato perché “troppo noioso”
Un curioso caso sta attualmente circolando in Francia. Un uomo è stato licenziato perché era “troppo noioso” al lavoro. L’anno è il 2015. I dipendenti di una società di consulenza parigina escono insieme per un drink una volta alla settimana dopo il lavoro. Non come “Monsieur T” come viene chiamato negli atti del tribunale. Non ha voglia di fare cose insieme dopo il lavoro. L’azienda non si rassegna e licenzia il francese con il pretesto di “inadeguatezza professionale”. È stato anche accusato di essere noioso, di avere difficoltà ad ascoltare e di essere difficile da lavorare. Tuttavia, “Monsieur T” ha sostenuto di avere diritto al suo “comportamento critico” e al suo rifiuto di partecipare a “politiche aziendali basate sull’incitamento a vari eccessi”. “Monsieur T” ha anche affermato di non essere d’accordo con l’idea di “divertimento” dell’azienda. All’inizio di questo mese, la Corte di Cassazione francese si è pronunciata a favore di “Monsieur T” dopo una battaglia legale durata 7 anni, condannando i partner della società a pagare circa 3.100 euro. Nella sua sentenza, il tribunale ha affermato che non tutti “possono essere obbligati a partecipare a seminari e bevute dopo il lavoro, che spesso si traducono in un consumo eccessivo di alcol incoraggiato dai dipendenti”. Il francese ha anche affermato che i valori “divertenti” dell’azienda includevano anche “pratiche degradanti e invadenti” come l’obbligo di condividere il letto con un collega durante i seminari di lavoro. Riferendosi al concetto di “divertimento” dell’azienda, il tribunale ha affermato che violava il diritto del dipendente alla dignità e al rispetto della vita privata. Inoltre, il giudice ha affermato che “Monsieur T” aveva diritto alla “libertà di espressione”, compreso il suo rifiuto di partecipare ad attività che costituivano le sue “libertà fondamentali” e non erano motivo di licenziamento. Il francese però, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, non è d’accordo con i 3.100 euro liquidati nella sentenza dal tribunale. Chiede altri 450.000 euro al suo ex datore di lavoro. Su questo punto della domanda dovranno decidere i giudici alla prossima udienza.
Comunicato Stampa “Sportello dei Diritti”