La waste manager, Vincenzina Barilà, spiega la “Circular Economy”

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Ambiente-energia questo binomio è sempre stato essenziale ma negli ultimi anni l’attenzione e l’interesse che gli si dedica si è esponenzialmente moltiplicata. I settori in questione sono strettamente collegati anche a quello dei rifiuti. Trattare quest’ultimi per ridurre l’inquinamento per quanto riguarda l’ambiente.  Utilizzare i rifiuti per quel che riguarda la produzione di energia e ricavare nuove fonti energetiche. Insomma tutelare l’ambiente e produrre energia è diventata una missione per conservare una buona qualità della vita dell’uomo ed il suo Pianeta.

Di questo ed altro abbiamo parlato con Vincenzina Barilà, esperta del settore relativo alla gestione rifiuti, waste manager con un master in Circular Economy conseguito alla Luiss ed attualmente consulente del Ministero della Transizione Ecologica presso la Direzione di Economia Circolare.

Una parte importante della conservazione dell’ambiente deriva dal funzionamento del ciclo di vita dei rifiuti. Ci può aggiornare riguardo le direttive nazionali in tal senso?

Con D.M 24 Giugno 2022 n. 257 il Ministero della Transizione ecologica ha approvato il nuovo Programma Nazionale di Gestione Rifiuti (PNGR), in attuazione del cd “Pacchetto di economia circolare” previsto dalla direttiva comunitaria (direttiva sui rifiuti 2018/851/UE). In esso vengono definiti i macro obiettivi, i criteri e le linee strategiche cui le regioni e le province autonome si devono attenere nell’elaborazione dei Piani Regionali di Gestione dei Rifiuti. Tra i più importanti:

  • la riduzione del divario territoriale nella % di Raccolta differenziata;
  • la diminuzione delle Discariche irregolari in procedura d’infrazione;
  • in ultimo e quello cui tengo di più, la riduzione del “gap” impiantistico tra >Nord e Sud.
Foto di OpenClipart-Vectors da Pixabay

La gestione dei rifiuti è una parte importantissima dell’Economia circolare ed essendo composta da diversi segmenti legati tra loro, ovvero la raccolta, il trasporto, il riciclaggio o lo smaltimento (ove il riciclo non sia possibile) non può funzionare se uno di questi salta o è organizzato male. Se abbiamo un servizio impeccabile di raccolta, ma non abbiamo, ad.es., gli impianti in cui portare quello che si raccoglie, il cerchio non si può chiudere e prima o poi (sicuramente prima!) anche la raccolta dovrà fermarsi o subirà forti scossoni.

Finalmente questo Piano Nazionale ci ricorda dell’importanza degli impianti ed esorta le Regioni a calcolare bene il loro fabbisogno (con la previsione dei quantitativi di ciascun flusso di rifiuto prodotti) e a chiudere il cerchio entro i confini regionali.

Dai rifiuti si può estrarre energia la Calabria come si sta comportando in questo senso? Quali sono le strutture adatte?

La valorizzazione dei rifiuti, oltre che con il recupero di materiale – che viene prima nella scala gerarchica – si può avere con il recupero energetico con produzione di energia elettrica, calore o carburanti (waste to energy/ waste to fuel).

Il recupero di energia dai rifiuti è un aspetto controverso, che non manca di generare dubbi e incertezze, visto che non è la soluzione ottimale per arrivare a un ciclo dei rifiuti ambientalmente sostenibile. È tuttavia una soluzione che rimane sempre migliore dello smaltimento in discarica, se si valutano gli impatti sull’ambiente. E proprio per questa ragione, il Wte/Wtf potrebbe continuare a dare un contributo all’ambizioso percorso di decarbonizzazione dell’Europa. Ancora di più in questo periodo di speculazione che ha fatto salire alle stelle i prezzi di gas ed energia elettrica.

In Italia abbiamo un divario spaventoso tra Nord e Sud in termini di presenza di impianti di recupero energetico. I tanto vituperati Termovalorizzatori, presenti in tutta Europa e nelle parti d’Italia dove funziona la differenziata (non è un caso!), sono una parte importante e forse la più conosciuta. Nella nostra Calabria esiste un unico termovalorizzatore nella Piana di Gioia Tauro, la cui capacità di trattamento è stata più che dimezzata negli anni. Delle iniziali 4 linee previste da progetto, ne sono state realizzate 2 e ne ha funzionato forse una e mezza. L’attuale governo regionale vuole procedere ad un revamping dell’impianto con raddoppio dell’attuale capacità ed effettiva conseguente produzione di energia elettrica. Ciò comporterebbe un ammodernamento dello stesso impianto, costruito con tecniche ormai vetuste e che possono essere rese molto meno inquinanti, ed una migliore gestione del ciclo dei rifiuti in tutta la Regione (affiancandoci le discariche di servizio).

Oltre ad esso, però, nel Piano Regionale di gestione dei rifiuti del 2016 erano previsti, all’interno degli “ecodistretti”, degli impianti pubblici di valorizzazione delle frazioni secche riciclabili e della frazione organica; quest’ultima con produzione di biogas. Nella sola provincia di Reggio Calabria avrebbero dovuto essercene 3 con un revamping di impianti già esistenti – Sambatello, Gioia Tauro e Siderno – ma ancora non si è proceduto alla realizzazione dei lavori. Esiste qualche impianto privato che sopperisce alla mancanza di quelli pubblici.

Nel ciclo dei rifiuti quale è l’eccellenza da prendere come esempio, anche a livello internazionale?

In Italia esiste un modello Treviso. Il capoluogo di provincia con la più alta percentuale di raccolta differenziata di tutto il Paese: 86,8 per cento, con una produzione di secco residuo pari a 60,1 chilogrammi ad abitante.

C’è da dire, a onor del vero, che L’Italia, in generale, sulla raccolta differenziata ha fatto passi da gigante negli ultimi anni. Abbiamo praticamente raddoppiato, dal 2006, la percentuale di spazzatura raccolta in modo corretto, e non solo a Treviso, una piccola cittadina. Nella metropoli Milano, per esempio, non a caso l’unica città davvero europea che abbiamo, la raccolta differenziata è a livelli superiori rispetto alla civilissima Vienna. In ben 505 comuni italiani è stato già tagliato il traguardo «zero rifiuti». Sì, avete capito bene: intere località dove i cittadini producono appena 75 chilogrammi di secco all’anno.

Il Sud, invece, ed in particolare la Calabria, tranne alcune eccezioni territoriali, sono rimasti indietro. Parliamo di una media regionale di circa il 48%, con molti Comuni nella provincia di Reggio Calabria che non hanno nemmeno avviato la raccolta differenziata!!

foto di GNS

Come migliorerebbe lei il rapporto che i cittadini hanno con questo settore? C’è un gap di conoscenza alla base del cattivo comportamento di molti?

È necessario che si faccia molta più informazione nel campo della differenziata. Faccio l’esempio dell’errore comune in assoluto più praticato: RIFIUTO INDIFFERENZIATO. Per molti questo è il giorno dello svuotamento delle case, perché si pensa che si possa mettere insieme tutti i tipi di rifiuti. Naturalmente non è così! Bisognerebbe spiegare bene che in realtà si parla di rifiuti residui secchi, ovvero di quei tipi di scarti che non possono essere differenziati negli altri flussi. Tre cose andrebbero prese in considerazione per tutti i comuni italiani e a Reggio Calabria in particolare:

  • Una buona politica di incentivazione.

Chi fa bene la differenziata, risparmia: è questo il messaggio che dovrebbe passare. A partire dalla tassa dei rifiuti. Ma anche incentivi alle imprese per una minore produzione.

  • L’efficienza della rete di raccolta.

C’è il porta a porta, le isole ecologiche fisse e itineranti, raccolta a chiamata e quant’altro. Tuttavia questa deve essere puntuale e, come dicevo prima, perché questo accada, oltre all’efficienza di chi espleta il servizio, è necessaria la presenza di impianti in cui poter conferire ciò che si raccoglie.

  • Infine, non sottovalutiamo il senso civico dei cittadini: senza la loro collaborazione qualsiasi intervento amministrativo resta lettera morta.

Esiste una nuova frontiera nel settore? Una soluzione avveniristica o anche in via sperimentale alla quale si tende?

Nel settore dei rifiuti c’è molto fermento e sono tantissime le sperimentazioni in materia di riciclo. Soprattutto in Italia non sono le idee a mancare: basta fare un giro sul sito della Fondazione SYMBOLA per farsi un’idea di quante realtà “green” esistano e in quanti modi i rifiuti riprendano vita in altri cicli di lavorazione.

Piuttosto il problema tutto italiano è l’eccessiva burocratizzazione cui va incontro chi decide di fare impresa, ma anche la lentezza nell’emanazione di norme e decreti che servono a semplificare i processi autorizzativi, come quelli “end of waste”. Ad esempio, si è dovuto aspettare qualche anno per il provvedimento che ha consentito l’avvio della fase industriale della tecnologia FatertSmart, unica al mondo in grado di riciclare al 100% i rifiuti costituiti da pannolini e pannoloni. Questa tecnologia è in grado di valorizzare i prodotti assorbenti per la persona usati e di trasformarli in plastica, cellulosa e polimero super assorbente, garantendo vantaggi ambientali ed economici per tutti. E ci sono molte altre attività che aspettano l’emanazione di decreti ad hoc per poter avviare i loro processi.

Fabrizio Pace

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About the Author: Fabrizio Pace

Fabrizio Pace è giornalista e direttore del quotidiano d’Approfondimento on line www.IlMetropolitano.it e dell’allegato magazine di tecnologia e scienza www.Youfuture.it.