I taccuini come momento di trascrizione e voglia di cambiamento alle Muse con Gregorio Corigliano per la Calabria di domani

Continua a pieno ritmo la programmazione de l’associazione culturale “Le Muse – Laboratorio delle Arti e delle Lettere” di Reggio Calabria che per i classici appuntamenti domenicali ha ospitato il giornalista Gregorio Corigliano, personalità ed eccellenza calabrese che entra in Rai nel 1982 fino a diventare capo redattore della sede regionale Calabria ed a ricoprire ruoli di responsabilità all’interno del sindacato Usigrai. L’occasione è data dalla presentazione di “Nero di Seppia – dai taccuini di un giornalista seduto in riva al mare”. L’incontro – ha dichiarato Giuseppe Livoti -, in qualità di presidente, è occasione per presentare personaggi che hanno operato ed operano in terra di Calabria ed il già direttore del tg3 Calabria Gregorio Corigliano con il suo “taccuino di un uomo seduto in riva al mare” identifica una figura di altri tempi, colui il quale, in tutta la sua vita ha cercato e cerca di segnare avvenimenti, fatti, persone e personaggi per fare uscire la nostra regione da anni di arretratezza culturale, sociale e decandenza politica.

Il libro di Corigliano per la vice presidente Muse e già dirigente scolastico Orsola Latella, non inventa nulla, ma riscopre tutto e lo fa in maniera attraente per il lettore, fa si che il lettore possa sentire quello che viene raccontato: l’autore racconta e si racconta ! Questa vitalità scorre tra le righe: generosi entusiasmi, atti di fede, di volontà, di impegno, la coscienza critica, il rispetto per le condizioni umane, ma piu’ di tutto l’amore e soprattutto, l’amore profondo per il mare che è il vero protagonista del libro e l’esperienza fondamentale di questa raccolta. C’è una confidenza con il mondo dei pescatori e l’immagine che viene rimandata al lettore deriva dall’implicazione naturalissima dello scrittore. Ed ancora la “memoria” elemento centrale del libro, una memoria che svolge la dialettica che va dall’Io alla realtà storica locale secondo un percorso la cui prerogativa è l’interazione tra storia individuale di sentimenti ed ambienti. Oreste Arconte anche lui protagonista della presentazione in qualità di giornalista e di presidente dell’Associazione culturale Giangurgolo si è soffermato sulla figura di Corgiliano e sui suoi anni giovanili, la lotta, quella politica in cui i valori erano veri ed autentici, ma anche su un Corigliano direttore di tg che denunciava nel servizio pubblico cio’ che era davvero una notizia, una notizia che doveva essere risolta da chi deve e doveva dare risposta al popolo. Tanti anni di lotta insieme ma anche delusioni dal mondo istituzionale calabrese. La simbologia del “mare” dice Arconte rappresenta un modus narrativo per dare nuova vita, nonostante il ricordo, al passato, facendolo riemergere in chiave inedita e non solamente storica. E da qui, un itinerario nel e dentro il tempo della memoria collettiva, dove le storie di ieri sono presenti oggi, tra sogni come quello della mancata costruzione del quinto centro siderurgico, che provocò l’inutile espropriazione e rovina di terreni dedicati alla coltivazione di clementine di ottima qualità, e continuando con l’ancora incerta identità del porto di Goia Tauro e il cammino doloroso dei «fratelli di pelle nera», i “dannati della terra” che vivono – se così si può dire – attorno a Rosarno. Una cosa che manca oggi ha denunciato con forza e tenacia ha continuato Arconte è la condivisione, quella solidarietà con cui siamo cresciuti anche nel sociale, manca tutto cio’, manca quel vivere nel tessuto sociale e culturale calabrese. Un fallimento ma anche tante lotte comuni come quella per la realizzazione della via Marina di Reggio Calabria promessa fatta dall’allora ministro Oscar Luigi Scalfaro. Presente anche il giornalisa Agostino Pantano che ha curato la postfazione del libro, mentre la prefazione è di Tommaso Labate.

Pantano si è soffermato sul senso di liberazione di Corigliano, la sua carta d’intendità recita ancora essendo nato a San Ferdinando di Rosarno e residente a Cosenza e dividendo i suoi giorni in questi luoghi di appartenenza. E’ un libro della vita, del ricordo con un trasversale richiamo al mare in cui sono disseminati parole che vengono distributite in immagini del lettore, dell’uomo del giornalista, di chi ha visto lo sviluppo tradito a Gioia Tauro. Una riflessione ampia ed aperta che ha portato Corigliano, ringraziando l’associazione Le Muse definita dall’autore un sano punto di riferimento della cultura calabrese e ribadendo che i suoi taccuini di viaggio non finiscono qui. Sono circa 700 dice, con le loro classiche copertine nere, storie ed eventi che ho trascritto e che a volte raccontano problematiche ancora attuali e su come sia cambiata la società ma, in senso negativo, senza un riferimento politico e ripartire da qui, magari rivedendo con occhi diversi la nostra terra sempre nuova. Una conversazione che ha dunque animato la gremita sala di via San Giuseppe con momenti a cura del Laboratorio di Lettura Interpretativa diretto da Clara Condello con Mimma Conti, Adele Leanza, Antonella Mariani e Rosaria Livoti che hanno ricostruito le atmosfere, le attese, i momenti in riva al mare dell’autore tra storie, sacrifici e tempo sacrificato attraverso non un lavoro, quello di giornalista ma quello di un uomo, rappresentante e testimone dei teritori e dei buoni propositi.

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