Rischia una condanna per diffamazione aggravata chi offende online. Il monito della Suprema corte sull’uso dei social: è sufficiente che le brutte parole siano riconducibili alla persona presa di mira
Al giorno d’oggi è necessario prestare molta attenzione nell’utilizzo dei social network. A detta dei giudici italiani, rischia infatti una condanna per diffamazione aggravata chi offende su Facebook e ciò anche se non ha fatto nomi ma le brutte parole sono riconducibili alla persona presa di mira. Il monito arriva dalla Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 10762 del 25 Marzo 2022, ha respinto sul punto il ricorso di una donna che aveva scritto offese pesanti riferendosi a una conoscente, definendola nana per la bassa statura.
I riferimenti che venivano fatti sulla bacheca di un’amica comune delle due, anche lei condannata in concorso, non lasciavano spazio a dubbi: le brutte espressioni erano rivolte proprio alla professionista “nana”. Gli Ermellini hanno motivato la decisione ricordando che la diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l’uso di una bacheca “Facebook” integra un’ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi dell’art. 595, comma terzo, c.p., sotto il profilo dell’offesa arrecata “con qualsiasi altro mezzo di pubblicità” diverso dalla stampa, poiché la condotta in tal modo realizzata è potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato, o comunque quantitativamente apprezzabile, di persone.
Per i giudici di legittimità, infatti, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, il motivo è fondato e, al riguardo, hanno ricordato che “Essendo il reato di diffamazione configurabile in presenza di un’offesa alla reputazione di una persona determinata, esso può ritenersi sussistente nel caso in cui vengano pronunciate o scritte espressioni offensive riferite a soggetti individuati o individuabili. Infatti, non osta all’integrazione del reato di diffamazione l’assenza di indicazione nominativa del soggetto la cui reputazione è lesa, qualora lo stesso sia individuabile, sia pure da parte di un numero limitato di persone, attraverso gli elementi della fattispecie concreta, quali la natura e la portata dell’offesa, le circostanze narrate, oggettive e soggettive, i riferimenti personali e temporali.”
Attenzione, dunque a usare correttamente i social network: in effetti, il reato di diffamazione consiste nella condotta posta in essere da chiunque, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, andando oltre la normale critica, che è invece del tutto lecita se connotata da rilevanza sociale e correttezza delle espressioni adoperate (continenza formale). Il suddetto reato, inoltre, è aggravato se commesso con un mezzo, come un post o un commento sui social, idoneo a raggiungere in poco tempo un numero elevato di persone.
c.s. Giovanni D’Agata