Il grande Sogno della destra finiana, si spegne sommessamente all’indomani delle storiche consultazioni che ne hanno segnato la disfatta. Oggi si raccolgono i cocci di un disegno ormai scomposto che, di futuro, conserva solo il nome. Sono trascorsi , infatti, appena due anni da quando Gianfranco Fini inaugurava – circondato dalla schiera del suo piccolo esercito di sognatori- la sede romana del Fli di Via Poli. L’analisi del dopo voto mostra lucidamente quelli che rappresentano, senza dubbio alcuno, i macroscopici errori di valutazione del leader, pardon ex, l’agognato movimento di destra che si preannunciava come forte ed identitario che, abbandonando le “inutili” questioni morali , avrebbe dovuto condurre le proprie battaglie politiche indirizzandosi verso il recupero della sovranità monetaria, la compensazione dei debiti derivanti dalla finanza speculativa, con delle strategie economiche differenti, miranti a ripristinare l’economia di produzione locale. Programmi ambiziosi e ricchi di valori, certo, in grado di mobilitare in linea astratta, un gran numero di consensi. Ma solo in linea astratta, ovvio, il risultato delle urne, probabilmente ne ha consacrato il fallimento, un fallimento legato più alla auto dissacrazione della propria figura di leader operata in questi anni anni dall’ex Presidente della Camera, che alla bontà di linee programmatiche micro rivoluzionarie. Oggi si ipotizza che il FLI, spazzato via dagli elettori punti a trovare, lontano dai riflettori, un rifugio più spartano per ripartire. Le decisioni definitive sullo sgombero vengono rimandate alla settimana prossima . E’ sempre difficile ed oltremodo doloroso, ammettere la fine di un sogno. Piccole, impercettibili, microscopiche implosioni di storia politica che, tuttavia, non lasciano un grande segno.