Viviamo in un momento in cui il mondo si sperimenta e i tempi che ci troviamo ad affrontare sono sempre più indecifrabili. Dobbiamo prestare attenzione al valore infinito di ogni istante, per raggiungere la conoscenza intesa come quell’avventura che parte da un luogo necessario: la scuola, ovvero la palestra in cui esercitarsi alla metacognizione, a interrogarsi, a nutrire la curiosità, a inseguire lo stupore, ad essere liberi di pensare! E che ne è della libertà oggi ? È una domanda che dobbiamo porci continuamente e che si sono posti gli alunni del Pizi, al di fuori da ogni retorica, compresa quella liberale. Ma come, con quali strumenti? Ascoltando prima di tutto la voce della filosofia, la quale, permettendo uno sguardo distaccato sulle cose, porta al concetto e può dare almeno un senso a quel processo di isolamento che ci ha portato ad annullare gli impegni pubblici, a tenere a freno la conflittualità politica, ecc. ecc. Senonché la filosofia, come è noto, “giunge sul far del tramonto”, come la nottola di Minerva.
L’ asfittico obiettivo dei sistemi scolastici nazionali è soppiantato dal ben più impegnativo e difficile compito di attrezzare le giovani generazioni a vivere un futuro vivibile e l’ Agenda 2030 dell’Onu, oggi più che mai, è lì a ricordarcelo in ogni istante. A ricordarci anche che la lotta dell’uomo con la natura non finisce mai: è la dialettica della vita. E in più la scienza è in mano agli scienziati, cioè a un gruppo umano come gli altri, con una buona quota di interessati e speculatori (la “feccia di Romolo” di vichiana memoria).
E giungiamo infine alla libertà. Concepita in modo empirico, come ha fatto il liberalismo ideologico o l’anarchismo, essa va in tilt. E mai come in questi giorni sembra chiaro. Non hanno i liberali sempre considerato, da John Locke in poi, la libertà di associazione una delle prime e fondamentali. I ragazzi continuano a interrogarsi sulle forme di libertà, ancor più
adesso, in cui ci è vietato giustamente l’assembramento. E non solo non protestiamo, ma chiediamo alle autorità e al governo di essere ancora più duri. Ci autoisoliamo, immemori di tante teorie liberali sulla “servitù volontaria” che è il preludio all’avvento dei regimi totalitari. Chiediamo protezione allo Stato e siamo disposti a cedere molta della nostra libertà al Leviatano. Risulta confermata la tesi di Croce quando ribatteva che ci sono dei momenti in cui c’è un bene più grande da salvare, come la Patria in guerra. E questa è come una guerra. Tutto giusto, ripeto. Non ci sono alternative. Ma la vera battaglia verrà poi. Saremo in grado di riprenderci tutta la libertà che ci è stata tolta, o saremmo stati per qualcuno solo i topi di laboratorio per un esperimento più vasto di ingegneria sociale e biopolitica? È questo il grande interrogativo. In gioco non è l’integrazione culturale nella propria comunità; in gioco per tutti, da ogni lato della Terra, è la vivibilità del futuro.
È più che necessaria una nuova conoscenza che superi la separazione dei saperi a cui siamo ancora abbarbicati, rivendicando il pensiero della complessità.
“Insegnare a vivere” è questa l’ urgenza! Dobbiamo attrezzarci per fare apprendere ai nostri studenti come si vive, ma non qui ed ora, bensì nel luogo che ancora non c’è. Una sfida da capogiro, che permetta a ciascuno di sviluppare al meglio la propria individualità, il legame con gli altri ma anche di prepararsi ad affrontare le molteplici incertezze e difficoltà del destino umano, promuovendo una nuova conoscenza che superi la separazione dei saperi presente nella nostra epoca e che sia capace di formare insegnanti e studenti a pensare la complessità. Siamo in ritardo e il tempo non attende, il futuro imprevedibile è in gestazione oggi.
Prof.ssa Raffaella Solano