Tra fede e ragione

Dal Naturalismo al dogma dell’Immacolata Concezione

La virata della modernità verso il naturalismo razionalista – e verso la conseguente obsolescenza della fede – era inevitabile. Bacone, Cartesio, Galilei o Newton non sono stati gli attori centrali di questo squilibrio. Gli scienziati c’erano pure nel passato, fino e oltre il XIII secolo. Lo squilibrio è stato causato dalla rottura tra fides et ratio: una volta evaporato il fondamento, il pensiero umano ha eretto alla dignità di arché non qualcosa che avesse a che fare col Tutto, ma una qualche porzione della realtà. E, dunque, l’universo mondo è retto, secondo i nuovi filosofi, dalla porzione della ragione (razionalismo, illuminismo), o dalla porzione dell’idea (idealismo), o dalla porzione dei sensi (empirismo), o dalla porzione delle scienze (positivismo) o, addirittura, da nessuna porzione (relativismo). Un terrificante regionalismo ha contagiato la filosofia e una certa teologia, fino ad oggi, polverizzando la ragione e svalutando la fede. Eppure, all’apice di ogni malinteso, sembra porsi proprio il naturalismo. Il vocabolo sembra innocuo. Non evoca nulla di particolare, nulla d’insidioso, né per il singolo, né tantomeno per la società. Se ne parla poco, anche in filosofia. I dizionari filosofici lo liquidano in poche righe. Se ne dovrebbe parlare, invece, più spesso perché il naturalismo è insidia antica e profonda, che va a colpire la possibilità stessa di una filosofia dell’essere, perché – a dispetto del nome – snatura le essenze, mortifica l’esistenza, allontana persino da quel mondo naturale che vorrebbe porre al centro.Non è esente dal naturalismo la stessa filosofia greca, che pure ha posto il senso della natura al di là di questa, inaugurando la trascendenza per via di ragione, laddove la religione è trascendente per via di fede o di sentimento.

Più che all’essere, i filosofi greci erano interessati al cosmo. I Greci, infatti, riuscirono a capire molto dell’ordine delle cose che stavano dentro la scatola del cosmo, come pure ad adombrare qualcosa che stava al di là della scatola ovvero il mondo iperuranio, ma non acquisirono una consapevolezza vera della trascendenza. E, dunque, «il cosmo rimase sempre una scatola autosufficiente». Il problema dei naturalisti – o meglio – il motivo per cui il naturalismo costituisce un problema per la fede è proprio legato all’autosufficienza: il naturalista non ha bisogno di Dio per salvarsi dalla morte o dalla perdizione, ma si affida unicamente alla forza della sua ragione. Il naturalista non ha bisogno della fede: la pistis dei Greci (la credenza) è relegata, nella scala epistemica, al livello della doxa (opinione).

Non è strano che il magistero pontificio abbia prodotto quasi seicento documenti di condanna della Massoneria. Le associazioni dei Liberi Muratori hanno infatti costituito, almeno a partire dal XVIII secolo, la concrezione storica del naturalismo razionalista moderno. È anche vero, viceversa, che il naturalismo è una mentalità largamente diffusa nelle società occidentali, a prescindere dalla Massoneria. Lo scientismo – conseguente al naturalismo – è alla base dei programmi scolastici ed è sentimento diffuso ormai ovunque.

Se Maria è stata concepita senza peccato, l’uomo nasce invece con la colpa adamitica

A due riprese, nel 1854 e nel 1864, papa Pio IX si è pronunciato sulla verità circa il peccato originale dell’uomo e sugli errori del naturalismo. Con “l’ Ineffabilis Deus”, Pio IX, proclama il dogma dell’Immacolata Concezione di Maria e ribadisce, per converso, che l’uomo nasce con la macchia della colpa adamitica. Dieci anni dopo, il pontefice torna sul tema condannando più esplicitamente le posizioni del naturalismo e di altri errori della modernità. Nel Sillabo, in particolare, è indicata come errore l’opinione secondo cui «la ragione umana è l’unico arbitro del vero e del falso, del bene e del male indipendentemente affatto da Dio». È altresì erronea, di conseguenza, l’opinione secondo cui «la ragione umana è legge a se stessa, e con le sue forze naturali basta a procurare il bene degli uomini e dei popoli». Non è quindi sufficiente la ragione umana per orientare il singolo e la società verso il bene, poiché senza la grazia né si distingue nitidamente il bene e il male, né si ha la forza necessaria per attuarlo. Questo quanto al naturalismo teologico.

La proclamazione di questo dogma ha definitivamente escluso ogni forma di naturalismo, ossia ritenere che la natura umana possa darsi la salvezza da sé. Anche oggi l’uomo pensa di fare a meno di Dio e nega di avere una natura corrotta dal peccato originale. Così pensando, diventa inutile la Dottrina sociale della Chiesa, dato che l’uomo sa salvarsi con le sole sue forze. Ma l’Immacolata Concezione afferma che lo scopo del mondo è la Gloria di Dio, la vittoria sul peccato e sul male, al cui scopo è indirizzata anche la Dottrina sociale della Chiesa.

Il dogma della Concezione Immacolata, fu reso esecutivo con la bolla “Ineffabilis Deus”, a firma di Pio IX l’8 Dicembre 1854 e fu così che la beatissima Vergine Maria, sin dal primo istante del suo concepimento, per singolare grazia e privilegio di Dio e in vista dei meriti di Gesù Cristo, fu preservata immune da ogni macchia di peccato originale. E’ chiaro allora perché l’Immacolata oggi, anzi, domani più che mai, darà dinamismo alla fede opacizzata e spenta di una generazione che vive immersa in un processo di desacralizzazione e di apostasia, non solo dai valori cristiani ma anche da quelli naturali.

Prof.ssa Raffaella Solano

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