Non i numeri della diffusione del contagio, bensì le analisi sulle strutture ospedaliere ci condannano alla ‘zona rossa’, gettando un’intera regione, già provata da atavici problemi che non sto qui ad elencare, nel baratro economico e sociale. E’ una profonda ingiustizia che viene lanciata violentemente contro cittadini onesti, che non hanno scatenato guerriglie urbane (forse deterrente per inserire altre realtà nell’elenco incriminato), che hanno accettato tutte le restrizioni anche quando, rispetto al resto dell’Italia, la Calabria era ‘Covid free’ e avrebbe potuto tranquillamente continuare a sopravvivere, che hanno assistito inermi alla fuga dal Nord corrispondente alla ‘strana’ fuga di notizie riguardante il lockdown nazionale, e hanno così cominciato a contare contagiati e morti. Non è accettabile che il governo assuma determinate decisioni senza aver provveduto a colmare quei gap sanitari ben noti e conosciuti non da mesi ma da anni, e generati da un commissariamento disastroso che sta per essere prolungato. Il tutto sulle spalle dei calabresi, privati non solo del diritto costituzionale alla salute, ma anche, adesso, della possibilità di poter contribuire al mantenimento delle proprie famiglie. La risposta all’emergenza sanitaria è stata dettata sin da subito da evidenti differenze e squilibri territoriali che hanno da sempre caratterizzato in maniera strutturale l’intero sistema sanitario nazionale. Perché il Governo non ha provveduto a disporre investimenti, adottando uno spirito di solidarietà nazionale, nei confronti delle Regioni particolarmente “fragili”, che scontano forti ritardi sociali ed infrastrutturali? Perché in un’ottica di collaborazione con la protezione civile nazionale non si sono programmate assunzioni, non sono stati incrementati i posti letto in terapia intensiva, non sono state finanziate nuove infrastrutture? I nostri ospedali, da mesi, elemosinano l’ingresso di nuovo personale, denunciando come il problema emergenziale sia un boomerang che si ritorce contro prestazioni ed interventi sanitari altrettanto importanti ed urgenti! Noi calabresi ci ritroviamo ad essere penalizzati non perché non abbiamo osservato con la dovuta cura ed attenzione le regole comportamentali dettate dalla pandemia, ma perché nessuno, a qualsiasi livello di competenza, si è premurato di intervenire seriamente e fattivamente. Cosa resterà della nostra regione dopo questo nuovo confinamento che chiamano light, ma che, di fatto, è la pietra tombale per il nostro già fragile tessuto economico? Si continua a considerare questa regione come fosse un’appendice dell’Italia e non una parte integrante che vota, paga le tasse, e contribuisce al progresso ed alla crescita del paese. E’ normale che tutto ciò generi dei pensieri negativi sulle motivazioni che hanno condotto a questa drammatica disposizione, tra le quali un becero calcolo elettorale vista l’imminenza delle consultazioni elettorali dopo la prematura morte della presidente Santelli. Mi auguro che, al di là delle idee e delle coalizioni, i parlamentari calabresi facciano un forte fronte comune per tutelare in ogni sede i calabresi e far comprendere a tutti i livelli, nei limiti delle rispettive competenze, che non siamo più disposti a subire!
Giuseppe De Biasi Consigliere Comunale di Reggio Calabria