05\01\2013 – Al fine di delimitare i confini della responsabilità penale del chirurgo estetico, secondo la Suprema Corte, occorre fare, preliminarmente, una netta distinzione tra “malattia” ed “inestetismi”: difatti, posto che per “malattia” s’intende “qualsiasi processo patologico acuto o cronico idoneo a determinare un’apprezzabile menomazione funzionale dello organismo fisico o psichico”, rientrano in tale concetto i disturbi psichici di tipo ansioso-depressivo che possono generarsi a seguito dell’intevento chirurgico mal riuscito, invece, ne sono esclusi gli “inestetismi” cagionati dall’operazione chirurgica, quali, ad esempio, le protesi mammarie asimmetriche, l’addome deformato, ect…, inestetismi che possono essere fonte solamente di risarcimento del danno in sede civile, in quanto risultato di un adempimento contrattuale inesatto, ma che, di per sè, non possono assolutamente considerarsi “malattia”, salvo non compromettino lo stato emotivo del Paziente. Questo fondamentale principio di diritto è stato espresso nella recente Sentenza n. 47265712, con la quale la Suprema Corte ha affrontato il caso di una donna 47enne, che, insoddisfatta dei risultati ottenuti a seguito di un intevento estetico, aveva denunciato il chirurgo per lesioni personali colpose ex art. 590 del Codice Penale: a seguito di tale denuncia, il Professionista era stato condannato in I° grado dal Tribunale Penale e poi, invece, “assolto” in sede di Appello. La sentenza di merito di II° grado è stata confermata anche in sede di legittimità, ove gli Ermellini, hanno statuito che, in tema di chirurgia estetica, si debba tener conto anche dell’età del Paziente ed del suo aspetto estetico pre-operatorio, poichè, secondo gli Ermellini “non c’è dubbio che il risultato estetico, tuttavia da rapportarsi all’età e alla pregressa condizione estetica, possa essere causa di responsabilità non patrimoniale da fonte contrattuale ed extracontrattuale, ove ne sussistano le condizioni. Esso però non può essere confuso con lo stato di malattia richiesto dalla legge penale, perché resti integrato il delitto di lesioni”. Invero, la Giurisprudenza di merito e di legittimità hanno spesso qualificato la prestazione del chirurgo estetico come obbligazione di “risultato”, assoggettando, così, la responsabilità del chirurgo estetico a regole differenti e più rigide rispetto a quelle a cui è assoggettato il medico comune la cui prestazione, invece, è qualificata come obbligazione di “mezzo”, ma tale qualificazione di “obbligazione di risultato” non è mai stata concepita come un dato assoluto ed incontrovertibile, ma come un dato del tutto “relativo”, da valutarsi tenendo conto della situazione pregressa del Paziente e delle obiettive possibilità consentite dal progresso delle tecniche operatorie. Ed è proprio sotto tale profilo che assume fondamentale importanza la relazione informativa del chirurgo estetico, atta ad acquisire il consenso “informato” del Paziente circa gli esiti dell’intervento chirurgico ed i possibili rischi ad esso connessi: ne consegue, quindi, che tanto più esaustiva sarà tale informativa del chirurgo estetico, tanto meno configurabile sarà la sua responsabilità, qualora l’intervento chirurgico non consegua pienamente il risultato richiesto.
Avv. Antonella Rigolino