Anche a distanza di alcuni giorni piangiamo la morte dell’archistar Vittorio Gregotti, stroncato da una polmonite provocata dal Coronavirus
Gregotti aveva 92 anni ed è stato un maestro dell’architettura internazionale. E’ stato docente di Composizione architettonica presso l’Istituto Universitario di Architettura di Venezia, ha insegnato nelle Facoltà di Architettura di Milano e Palermo. Tra i suoi numerosi interventi si contano, tra gli altri, la risistemazione di Potsdamer Platz a Berlino, i progetti del Teatro degli Arcimboldi a Milano, la sede dell’Unical, la prima università residenziale a struttura dipartimentale in Calabria, ad Arcavacata di Rende (Cosenza), nel 1974.
Il nome di Vittorio Gregotti è legato a quello di Reggio Calabria in nome di quello che sarebbe potuto essere e, almeno fino ad oggi, non è stato .
In particolare se il Sindaco Falcomatà non avesse deciso di far definanziare il progetto della Nuova Fiera di Arghillà dalla rimodulazione dei fondi della legge per Reggio, ideata durante le tanto vituperate amministrazioni di centrodestra, oggi discuteremmo di altro. E di visioni migliorative per la città di Reggio.
Infatti, una volta costruita la Fiera di Arghillà progettata dall’archistar, avrebbe potuto rappresentare per la Citta’ e per l’intera Area dello Stretto l’immagine emblematica di una Citta’ nuova, un marchio identificativo e positivo.
Ed inoltre avrebbe favorito lo sviluppo del settore commerciale, comparto storicamente trainante per la Città, e avrebbe consentito di aprire uno sbocco turistico per Reggio e l’area metropolitana non solo di natura balneare, ma finanche di natura congressuale, intercettando flussi turistici diversi da quelli tradizionali (il turismo d’affari , cosi come avviene in tante città di medie dimensioni come la nostra : Rimini, Parma, Verona, Bari solo per citarne alcune ) e creando le condizioni ambite dagli operatori turistici ed economici del nostro territorio della tanto agognata destagionalizzazione turistica, spalmando la presenza dei visitatori nell’arco dell’intero anno.
Il progetto di Gregotti prevedeva una struttura composta su due livelli della superficie di 8000 metri quadri, comprendente due padiglioni espositivi, sala stampa, ristorante, servizi ed un cortile verde intorno. La struttura era destinata ad ospitare sia manifestazioni espositive, legate alla produzione ed ai servizi dei settori economici, sia eventi di altro genere, convegni, avvenimenti artistici e musicali.
In questi ultimi giorni, il tragico affacciarsi dell’emergenza coronavirus avrebbe potuto financo conferirle una ulteriore finalità non prevista, né immaginabile da chiunque, nè da chi l’ha fortemente voluta, nè da chi l’ha progettata, ossia quale ricovero extra ordinem per i tanti potenziali ammalati da covid-19.
Ossia una sua riconversione temporanea come ospedale per cercare di dare adeguata soluzione ad eventuale e non infrequente, come succede oggi, ipotesi di emergenza sanitaria per centinaia di posti letto di terapia intensiva che non si riescano a realizzare per mancanza di spazi nei nosocomi del territorio reggino.
Proprio come sta accadendo alla fiera di Portello a Milano, ove l’enorme sforzo economico e organizzativo della Regione Lombardia unitamente a quello della Protezione civile nel reperimento delle strumentazioni necessarie, tra cui i ventilatori polmonari e letti, consentirà a quella struttura di divenire un importazione fattore e catalizzatore di gestione sanitaria di un numero sempre crescente di ammalati che necessitino nella fase acuta di più di due settimane di cura in terapia intensiva.
Anche per questo, questo progetto deve tornare a rivivere e ridonare a Reggio il ruolo di preminenza e interesse sullo scenario non solo nazionale, ma euro mediterraneo, quale rilevante tessera di un mosaico, nella sintesi di una visione di sviluppo, che le conferisca centralità e riconoscibilità economica e sociale tra i paesi della sponda nord e sud del “mare nostrum”.