India. Scontri su cittadinanza tra induisti e musulmani: 21 morti

(DIRE) Roma, 26 Feb. – Sono almeno 21 le persone che hanno perso la vita nella capitale dell’India, Delhi, nella terza notte di scontri tra cittadini di fede induista e di fede musulmana. Gli scontri si sono verificati tra sostenitori e detrattori della nuova legge sulla cittadinanza approvata dal Parlamento a dicembre, che introduce un criterio confessionale che discrimina apertamente le persone di fede islamica.
Tra le vittime e i feriti, che secondo fonti locali sarebbero circa 250, si annoverano sia persone induiste che musulmane. Le zone della citta’ dove si sono verificati gli scontri piu’ violenti sono quelli a maggioranza di popolazione islamica pero’, dove sono stati attaccati negozi, distrutte vetrine e date alla fiamme numerosi veicoli. Sono state vandalizzate anche delle moschee. Il primo ministro Narendra Modi, impegnato dalla visita dell’omologo americano Donald Trump, iniziata questo lunedi’, si e’ pronunciato sugli avvenimenti solo oggi, tramite twitter: “Mi appello ai miei fratelli musulmani e induisti – ha scritto il premier – affinche’ si mantengano sempre la pace e la fratellanza”.
Intanto sono esplose le polemiche nella politica indiana.
Secondo il quotidiano locale Hindustan times, Kapil Mishra, dirigente del partito di governo, e’ stato accusato da piu’ parti di aver fomentato le violenze in un suo discorso il passato sabato, quando ha invitato la polizia “a rimuovere entro tre giorni” un pacifico sit in di protesta contro la legge sulla cittadinanza in piedi da mesi in uno dei quartieri della capitale. La presidente del principale partito di opposizione, Sonia Gandhi, ha invece chiesto le dimissioni del ministro degli interni Amit Shah, per la gestione delle proteste, che secondo l’opposizione e’ stata “un fallimento colossale”. I violenti disordini degli ultimi giorni rappresentano l’ultima fase di una mobilitazione nazionale contro il nuovo provvedimento che facilita le procedure per l’ottenimento della cittadinanza solo per i migranti di religione non musulmana, che si siano stabiliti nel Paese entro la fine del 2014.
(Est/ Dire)

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