La narrazione del politicamente corretto si nutre di forzature, ipocrisie varie, ma soprattutto dello stravolgimento dei fatti.
Un esempio lampante, per una volta in salsa calabrese, ci porta all’episodio di qualche sera addietro, quando nella sala del Consiglio Regionale intitolata al bravo e sfortunato Nicola Calipari (ecco un nome che ricorda quante vittime sacrificali ha imposto la melliflua quanto subdola ideologia comunista, declinata nelle sue mille sfaccettature) sui titoli di coda della manifestazione che aveva visto scendere in città Matteo Salvini, per incontrare i suoi sostenitori, è andata, molto probabilmente in scena, l’ennesima strumentalizzazione dei fatti, puntualmente messa in piedi da coloro che intendono in ogni modo mettere a tacere chi la pensa in maniera opposta al pensiero dominante benedetto dai poteri forti. Gli stessi poteri forti del capitale, una volta loro acerrimi nemici.
C’eravamo anche noi a pochi passi dall’inqualificabile accaduto che con il passare delle ore ha avuto una cassa di risonanza ampiamente prevedibile.
Tenendo in primo luogo conto che è reato sanzionato dal codice penale interrompere o comunque provocare disturbo in una manifestazione politica, le cronache riportano che a un certo punto una signora mischiata fra il pubblico si alza in piedi e proferisce delle urla contro il leader della Lega. L’imbarazzo è evidente, qualcuno interviene per fermarla nel suo inopportuno sproloquio, ma lei imperterrita è lì a sfidare la gente e ovviamente, a questo punto, ricevere una marea di insulti perché ora la sala è in subbuglio.
Intanto, eredi dello scatto di Mennea, alcuni componenti della stampa, hanno già raggiunto ciò che davvero loro interessa agli incontri di Salvini, ovvero il povero individuo che da disturbatore (ovvero colui che interviene in una manifestazione politica con il solo scopo di provocare tensione) diviene dapprima semplice contestatore, per poi con il passare dei minuti divenire vittima e quindi in dirittura d’arrivo eroe da apprezzare.
Pare che la signora in questione, una volta individuata dalle forze dell’ordine, sia sia persino rifiutata di esporre le proprie generalità, ma il capolavoro, intanto, è stato servito; il travisamento dei fatti, a nostro giudizio, anche. E così, ora sul banco degli accusati ci sono coloro che hanno reagito alla provocazione. Fermo restando che se la signora in questione ha subito percosse (ma le immagini non lo danno a vedere) o minacce – nel caso, chi di dovere, agisca di conseguenza – come si fa a non tenere in giusta considerazione un comportamento altamente rischioso che ha indubbiamente turbato l’ordine pubblico?
La signora in questione sarà “punita” (come forse accadrà a chi l’ha insultata) per il gesto o no? Noi abbiamo i nostri dubbi. Per il resto, e ci riferiamo a tutti coloro che sono immediatamente accorsi per ingigantire l’accaduto e ribaltare responsabilità vale sempre quella massima di Giovenale contenuta nelle sue argute Satire, ossia “Quis custodiet ipsos custodes?”.