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Un pomeriggio adrenalitico nel cuore della Lucania. Ponte alla Luna, Sasso di Castalda (Pz) - Ilmetropolitano.it

Un pomeriggio adrenalitico nel cuore della Lucania. Ponte alla Luna, Sasso di Castalda (Pz)

Il merito è di questo ormai famoso Ponte alla Luna, che dall’Aprile del 2017 ha praticamente rivoluzionato la vita di un intero paesino dell’Appennino Lucano, il cui nome è Sasso di Castalda. Uno dei suoi cittadini più illustri è stato nel corso del tempo Rocco Petrone, che fu direttore di lancio dell’Apollo 11, la famosa missione che il 16 luglio del 1969 portò l’uomo sulla Luna. Il ponte tibetano, costituito da una campata unica di 300 metri e sospeso nel vuoto a 102 metri dal torrente sottostante, è quindi nel nome un omaggio a Rocco Petrone.

Quale migliore occasione, visto che siamo nell’anno del quarantesimo anniversario dell’impresa lunare, per venire fin qui a provare l’emozione del suo attraversamento? Di ritorno dalla zona del Vesuvio, decidiamo quindi di uscire dall’A2 ad Atena Lucana. Una comoda e solitaria strada immersa nel verde ci porta nel giro di una ventina di minuti a Sasso di Castalda, tranquillissimo centro di nemmeno mille abitanti, posto a 949 metri di altezza.

Evidenti i segni della sua ricostruzione, dopo il terremoto del 1980 che colpì anche la provincia di Potenza, oltre l’Irpinia. Nella piazza innanzi il Municipio, lasciamo la macchina e ci dirigiamo verso la biglietteria, quindi aggirandoci nelle stradine del vecchio borgo, arriviamo al punto di partenza, dove veniamo opportunamente dotati dell’attrezzatura di sicurezza.

La sorpresa è dietro l’angolo e non in senso figurato, visto che appena svoltato  a destra, ci rendiamo conto che i ponti tibetani sono due!  Infatti, prima di portarci verso l’alto, per il Ponte alla Luna, occorre superare “indenni” il “Ponte Petracca”, lungo 95 metri e sospeso a 30 metri di altezza. Il motivo è presto detto: per parecchi, l’impatto con il brivido del vuoto sotto i piedi può essere “difficile”, anche se il tutto viene svolto in condizioni di piena sicurezza, vista l’imbracatura e i due moschettoni. In effetti, dei quattro del nostro gruppetto, a passare il primo ponte e quindi ad attraversare le sponde del “Fosso Arenazzo” siamo solo in due, perché gli altri, dopo il quarto piolino, si arrendono subito.

Ora, giunti sull’altra sponda della valle, c’è da salire la montagna per raggiungere il punto di partenza del “ponte dei ponti”. In dieci minuti di ascesa, un ripido sentiero ci porta di nuovo a contatto con il brivido, ma ormai il dado è tratto. Innanzi a noi, ecco finalmente stagliarsi l’iconica immagine di questo posto da favola. Un filo di ragnatela tra due montagne, mentre il paese di Sasso di Castalda visibile alla nostra destra come un ragno sembra quasi osservare e allo stesso tempo attendere fiducioso la nostra prova del “vuoto”.

300 metri ci separano dal traguardo, le persone in fila attendono il loro turno e introducono potassio (leggi la bananella della mamma) a go-go. Intanto, la compagnia si riduce ulteriormente , e si rimane da soli. Una coppia di pugliesi avanti, comincia il cammino, di dietro dei napoletani, poi noi.

Si parte: moschettoni agganciati sulla parte sinistra, mentre delle boe montate sulla recinzione destra del ponte ci segnalano quando gli stessi moschettoni devono essere sganciati da un punto per essere di nuovo riagganciati un passo dopo (la manovra più impegnativa). La terza boa ci segnala il punto centrale della campata, e quindi anche il punto più alto rispetto al suolo (102 mt). Una ventina di minuti ci vogliono per fare le cose perbene, mentre il sole sta velocemente tramontando. Ci fosse maggiore spazio di manovra potremmo  goderci meglio il momento, ma la concentrazione e soprattutto gli occhi fissi su dove vanno messi i piedi, preclude lo spazio alla poesia.

Passato il centro della campata, ci sentiamo a cavallo, anche se quelli davanti ballano un po’ troppo, e quindi anche le nostre corde dondolano come se fossimo in una barca, solo che qui non c’è tanta acqua di sotto. Cento metri ancora, poi cinquanta, quindi l’arrivo e i piedi di nuovo piantati per terra. E’ fine ottobre, non fa caldo, ma il sudore sulle spalle ci fa capire lo sforzo mentale compiuto e in parte fisico.

E’ andata. Una terrazza in vetro, affacciata sul ponte, ci ricongiunge al gruppo per le foto ricordo dello splendido pomeriggio vissuto, quindi una scalinata in pietra ci riporta nei vicoli del centro storico, per una meritatissima bevuta “post-impresa” . La Luna è stata conquistata. A Sasso di Castalda, in Basilicata. Prima o poi andateci anche voi…

Antonio Virduci

 

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