Esiste un tempo per ogni cosa. Occorre solo prenderne atto, senza lasciare spazio a sentimenti di egocentrismo, suscettibilità, isteria o supposta onnipotenza. Questo tempo chiama la Politica ad una grande responsabilità: quella di recuperare credibilità, per riprendere ad esercitare il ruolo ad Essa assegnato dalla Storia. Ed in quest’ottica sarà bene attingere a norme di auspicabile prudenza. L’euforia della convinzione di essere vicini ad un grande traguardo è ingannevole, se non è bilanciata dalla consapevolezza che l’antipolitica e la disaffezione del cittadino alla vita pubblica sono state generate proprio dalle degenerazioni della Politica. Parimenti, i demeriti di chi ha dato prova di palese incapacità, non si traducono automaticamente in consenso, soprattutto se si consideri che chi aveva il compito di condurre una ferma opposizione alla sistematica spoliazione subita dalla città si è accontentato di essere solo minoranza, magari collocandosi al riparo di un malcelato consociativismo. Insomma, si intende qui non sottovalutare la sfiducia che ha portato il cittadino a riconoscersi nel partito del non voto, e lo stesso è a dirsi a del disorientamento dell’uomo della strada davanti a liturgie da “addetti ai lavori”, che appaiono, in quanto tali, destinate a non superare l’angusto ed insufficiente perimetro in cui le stesse vengono celebrate da chi non è ancora in grado di compiere, in condizioni di autonomia, affidabili scelte di portata collettiva. Sono ancora lontani dall’autorevolezza quei comitati in cui gli argomenti dei protagonisti, agli occhi del cittadino, rischiano di rimanere silenziati dal rumore dell’assenza di un irrinunciabile civismo, che rimane fonte di preziose risorse, quali intelligenza, passione, cultura e dedizione. È finito il tempo della politica segnata dalla muscolare ostentazione di un potere fine a se stesso. Viceversa, è il tempo di intraprendere un cammino finalizzato ad una dimensione di resipiscente umiltà realmente orientata al disinteressato servizio. Compito di qualsiasi comunità, oggi, è quello di porsi al riparo dai proclami; continuare a guardarsi dal di dentro ed interrogarsi a fondo; tirare fuori la propria anima per farla conoscere, sino ad imporla, ove necessario, a chi fosse tentato di anteporre l’ambizione personale alle speranze dei più; riconoscere il talento e valorizzarlo, anziché ostacolarlo o, peggio, combatterlo. Questo significa dare prova di voler superare gli schemi di una approssimativa rappresentanza che ha quotidianamente tradito negli ultimi anni le aspettative dei nostri concittadini. È tempo di riscoprire e puntare sul prezioso civismo, unico e naturale riferimento in grado di pretendere dalla Politica l’assunzione di criteri oggettivamente affidabili per la selezione del materiale umano che dovrà affrontare le competizioni elettorali: premiare chi ha manifestato la capacità di servire, non quella di essere servito; scegliere chi potrà essere valutato per ciò che ha fatto, non per quello che può solo promettere di fare. E non si deve nutrire alcun timore rimanendo schiavi dell’ossessione dei numeri. I nomi dei collezionisti di preferenze, ben noti a tutti, ormai vengono diffusamente associati a coloro i quali nei civici consessi hanno semplicemente bivaccato. Quei nomi, si ribadisce: ben noti a tutti, rappresentano un grave, superficiale errore di valutazione rispetto al quale è necessario che la Politica, senza distinzione alcuna, offra prova tangibile di volersi responsabilmente e prontamente riscattare.
Giuseppe Bombino
Responsabile Territoriale di “Cultura e Identità”
per la Città di Reggio Calabria e Provincia