Ultima settimana dell’esposizione sul cibo nella Calabria protostorica. È tempo di “ritorni a casa”, al Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria. È tornata in esposizione, nella sala dedicata ai Bronzi, la Testa di Porticello. Da marzo a settembre 2018, è stata infatti ospitata alla Venaria Reale di Torino, per la mostra organizzata dalla Fondazione Intesa Sanpaolo nell’ambito del progetto “Restituzioni 2018”, grazie al quale sono state restaurate, oltre a questo capolavoro, altre duecento opere di varia cronologia provenienti da tutte le regioni italiane.
La Testa di Porticello rappresenta un uomo maturo con una lunga barba e una ricca capigliatura trattenuta da una benda, originariamente appartenente a una statua bronzea di dimensioni superiori al naturale. L’opera è databile alla prima metà del V secolo a.C. e risente di influenze attiche e peloponnesiache, trovando importanti confronti come la statua del Capo Artemision o lo Zeus delle metope del tempio E di Selinunte.
Faceva parte del carico di una nave affondata tra la fine del V e l’inizio del IV secolo a.C. al largo della costa calabrese, nei pressi di Villa S. Giovanni. Il carico conteneva anche la celebre Testa del Filosofo e frammenti di almeno altre due statue bronzee di dimensioni superiori al vero. I bronzi erano probabilmente destinati alla fusione, come fa pensare la loro frammentarietà e il fatto che la stessa Testa di Porticello fu divelta dalla statua a violenti colpi di martello, che ne hanno causato larghe fratture e deformazioni.
La straordinaria testa in bronzo fu recuperata nel 1969 nelle acque di Porticello nei pressi di Villa San Giovanni, ma fu subito trafugata e immessa sul mercato antiquario, giungendo all’Antikenmuseum di Basilea, senza però essere mai esposta. Grazie a un identikit realizzato dalla Polizia sulla base di testimoni che avevano visto l’opera subito dopo il ritrovamento, il reperto è stato riconosciuto e formalmente restituito dal museo svizzero allo Stato Italiano nel 1993. Fino ad oggi è stata, così, esposta e conosciuta come Testa di Basilea. Ma d’ora in poi sarà riconosciuta con il legittimo nome dal luogo del ritrovamento. L’intervento di restauro sulla Testa di Porticello è stato condotto da Giuseppe Mantella, con la collaborazione di Flavia Gazineo e Antonella Aricò, sotto la direzione di Carmelo Malacrino.
Il cantiere è stato appositamente allestito nello spazio di Piazza Paolo Orsi, affinché il pubblico potesse assistere alle varie attività di ricerca, analisi e intervento.
Continua così l’impegno del Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria per la conservazione e la valorizzazione del patrimonio custodito, condotto attraverso programmate attività di restauro e la partecipazione a progetti espositivi di elevato interesse scientifico.
Gli ospiti del MArRC potranno ammirare ancora per pochi giorni (fino a domenica 21 ottobre) l’esposizione temporanea “I sapori delle origini.
La cultura del cibo nella Calabria protostorica”, curata dal direttore Carmelo Malacrino insieme agli archeologi Francesco Quondam e Ivana Vacirca, nello spazio di piazza Paolo Orsi.
La maggior parte dei 38 reperti è esposta al pubblico per la prima volta e rappresenta i principali siti archeologici della regione, raccontando le abitudini alimentari delle popolazioni indigene in Calabria prima della Magna Grecia, nelle età del Bronzo e del Ferro (XII – VIII secolo a. C.).
L’esposizione è stata tra le iniziative organizzate dal MArRC nell’Anno del Cibo Italiano promosso dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali in collaborazione con il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari, Forestali e del Turismo.