Sembra un giorno ordinario, uno dei tanti . Un intervento di routine. E la paziente che giace addormentata in sala operatoria è una paziente come tante altre donne che si accingono a partorire. Ma questa volta però c’ è qualcosa di diverso nell’ aria: medici e infermieri si guardano con preoccupazione evidente e la tensione è palpabile. Strano, sono uomini e donne di esperienza, e quello non è certo il primo cesareo della loro carriera. Ma questa volta in una stanza dalle pareti bianche dell’ospedale di Oldham, nel Nord Inghilterra, qualcosa di nuovo e di non ordinario c’ è : sta per nascere Louise Brown, la prima bambina concepita in provetta. E’ il 25 luglio del 1978. La paziente è pronta, il chirurgo incide il suo ventre e ne estrae la piccola Louise. Quando le viene reciso il cordone, la bambina spalanca la bocca, respira profondamente ed emette il primo potente vagito. È il solenne ingresso nel mondo di una neonata che ha cambiato la storia della medicina. A distanza di 40 anni , sono circa 100mila, in Italia, i bimbi nati in provetta grazie alla Procreazione Medicalmente Assistita (pma). Tuttavia, ancore troppo poche sono le coppie infertili che, prima di intraprendere questo cammino non semplice, si rivolgono a un andrologo.Continuano ad aumentare le coppie italiane che si rivolgono ai Centri di medicina della riproduzione, e in Italia, dal 2005 al 2015, in base ai dati del registro dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) sono state effettuate oltre mezzo milione di procedure di fertilizzazione in vitro, dalle quali sono nati oltre 100mila bimbi. Se un figlio non arriva si punta in genere l’attenzione sulla donna, mentre in circa la metà dei casi la causa dipende da problemi maschili spesso risolvibili con un’adeguata prevenzione o specifiche terapie. Interventi poco complessi e costosi, come la correzione del varicocele, la cura di infiammazioni urogenitali, l’uso di terapie ormonali o di molecole antiossidanti, “potrebbero evitare la PMA in almeno 8mila coppie ogni anno o migliorarne gli esiti fino al 50% dei casi”.Eppure il maschio è ancora il “grande assente”.”L’infertilità maschile – spiega Alessandro Palmieri, presidente SIA e professore dell’Università Federico II di Napoli – è raddoppiata negli ultimi 30 anni e il fattore maschile è sovrapponibile a quello femminile, tanto che si stimano circa 2 milioni di italiani ipo-fertili.
MS