Presente all’apertura del Corso di 2° Livello per Istruttori di Attività Motoria – Sportiva organizzato dalla Scuola Regionale dello Sport Calabria, queste le parole del Presidente Nazionale del Comitato Italiano Paralimpico, Luca Pancalli: “per me è la prima volta in visita alla Scuola Regionale della Sport Calabria e rimango particolarmente colpito per la struttura, nuova, accogliente ma ancor più nel momento in cui si riempie, come in queste circostanze, di spunti di riflessione e occasioni per crescere costruttivamente insieme. Per quanto riguarda il mio trascorso, provengo dai campi, dalle palestre, dalle piscine, dal territorio sostanzialmente per ritornarci da dirigente, dopo l’incidente di 37 anni fa, con la brutta caduta da cavallo. La mia idea, quella che provo quotidianamente a riportare nel Comitato Italiano Paralimpico, è fresca e dinamica di uno sport come strumento di politica sportiva e non solo come strumento per la formazione dei campioni, sicuramente importante per i riflettori accesi, magari anche sulla propria terra d’appartenenza, ma non circoscrivibile esclusivamente a questo aspetto. Oggi, all’apertura del Corso di 2º livello per Istruttori di Attività Motoria – Sportiva, voluto dal Presidente C.R. CONI Calabria Maurizio Condipodero e dal Direttore Scientifico SRdS Mimmo Albino, ci tengo a sottolineare l’importanza della figura del tecnico sportivo, un ruolo non semplice in una società in cui la prima agenzia educativa, la famiglia, purtroppo vive un momento di crisi. Si dovrebbe intendere lo sport non solo in termini di rappresentatività dello stesso, nelle sue immagini mediatiche più accattivanti quali la Nazionale, le Olimpiadi o i grandi atleti ma dovrebbe rivisitarsi, ripartendo proprio dai tecnici, per me sacerdoti dello Sport. Attraverso la costruzione di un esercito di persone armate di sport, che parli la stessa lingua, frutto di questi processi educativi – formativi permessi anche dalle Scuole dello Sport, si potrà sovvertire un sistema che andrebbe rivisitato. Cambia la vita, si allunga, mutano e si incrementano le necessità anche per le fasce più alte in termini anagrafici ed è anche qui che lo sport gioca un ruolo determinante. Il CIP parte da questa consapevolezza, nasce dall’idea di portare avanti politica sportiva per riceverne i risultati da chi opera sportivamente sul territorio, aggiornandosi, costruendo passo dopo passo il proprio bagaglio culturale sportivo e umano. Il CIP deve occupare uno spazio importante per l’investimento sul benessere cittadino partendo proprio da chi affronta una disabilità quotidianamente, attraverso quell’esercito di tecnici che dovrebbero lavorare per concedere speranza e sorriso a tutte quelle persone che pensano che la loro vita sia finita. Grazie allo sport, infatti, si concede speranza. Da questa presa di posizione forte e determinata si sottolinea l’aspetto fondamentale sintetizzato nella mission del CIP, ovvero tutto ciò che non si vede, non solo un modello organizzativo tra i diversi pezzi di carta che lo legano burocraticamente alle Federazioni e alla Discipline sportive ma il fatto, ben più importante, che presidenti federali, uomini e donne che non hanno mai intercettato un disabile, da oggi, si devono preoccupare della disabilità. Non è più un disabile a occuparsi di un disabile ma tutti si responsabilizzano grazie all’investimento sul capitale umano, che genera cultura sportiva. Si deve concedere la possibilità di esprimere le proprie capacità a chi vive la disabilità, come nello sport in cui sono nati i grandi campioni paralimpici anche nel resto della vita; la responsabilità per l’intero percorso inarrestabile è del capitale umano, sul quale sarebbe un errore non investire quotidianamente. Corpo, mente e spirito sono l’emblema del CIP che spero possano stimolare lo sviluppo a 360º della società, basti pensare alla costruzione della strumentazione fondamentale per fronteggiare i diversi aspetti delle disabilità. Lo sport è la rappresentazione di queste opportunità che devono essere concesse alla disabilità, anche se attraverso un lento processo riformatore di un sistema. Essere allenatori del grande campione credo sia bellissimo ma mettersi in campo per regalare un sorriso è qualcosa di enormemente diverso e nel sorriso non ci saranno mai distinzioni. Incanalare le energie dei giovani nello sport, distraendoli dalle tecnologie, riportandoli su un campo di gara, in una palestra, all’aria aperta sarà sempre la vittoria più bella”.