Migranti: una questione aperta

migranti in numeri: 

Nel 2017, 6.514  migranti sono stati  trovati in posizione irregolare sul territorio nazionale e rimpatriati.

11.805 sono stati respinti alla frontiera.

1.639 riammessi nei Paesi di provenienza (si tratta di extracomunitari arrivati da Paesi come Francia, Svizzera, Austria,  Slovenia e Grecia con i quali l’Italia ha accordi di riammissione).

Questi i numeri, nel momento in cui le bozze di contratto di governo M5S-Lega spingono molto sui rimpatri.Due sono i nodi che impediscono il ricorso più massiccio allo strumento del rimpatrio: il costo (mediamente  1.200-1.300 euro a straniero a cui vanno aggiunti ulteriori costi che portano a triplicare la cifra finale); gli accordi con i Paesi di origine. L’Italia ha accordi in essere solo con quattro dei tanti paesi di provenienza estera : Tunisia, Egitto, Nigeria, Sudan e Gambia.Restano fuori quindi paesi come Guinea, Bangladesh, Costa d’Avorio, Senegal, Sudan con cui l’Italia non ha stretto nessun tipo di collaborazione in questo senso. Pertanto, i migranti provenienti da questi paesi non godono di protezione umanitaria . Vengono identificati e detenuti nei CIE (centri di identificazione ed espulsione) e “liquidati” con un foglio di via: sette giorni di tempo per lasciare il Paese. Sono in tanti a far perdere le proprie tracce e a restare in Italia.Tutto questo mentre, proprio in questi giorni, Bruxelles chiede all’Italia di aumentare la capacità dei centri di detenzione, ritenuti un elemento cruciale per accrescere il numero dei rimpatri. La richiesta è contenuta nella relazione aggiornata sull’attuazione delle politiche migratorie, pubblicata dalla Commissione Ue.

Chiariamo alcuni concetti di base: chi è

Il richiedente asilo

 E’ una persona che, trovandosi fuori dal Paese in cui ha la residenza abituale, non può o non vuole tornarvi per il timore di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche.Può richiedere asilo nel nostro Paese presentando una domanda di riconoscimento dello “status di rifugiato”.

Il rifugiato

E’ chi ha ottenuto il riconoscimento dello “status di rifugiato” in seguito all’approvazione della sua domanda. A tutelarlo è la Convenzione di Ginevra, resa esecutiva in Italia con la legge del 24 luglio 1954 n. 722

Il profugo

La parola profugo viene usata genericamente e non ha nessun  contenuto giuridico .  Solitamente è utilizzata per definire chi si è allontanato dal Paese di origine per le persecuzioni o per una guerra.

L’ immigrato

Chi si è stabilito in un paese straniero o in una regione del proprio paese diversa da quella di origine.

Oltre gli immigrati regolari, ci sono :

Il clandestino

Lo straniero entrato in Italia senza regolare visto di ingresso

Il clandestino irregolare

E’ lo straniero che ha perduto i requisiti necessari per la permanenza in Italia. ES. ha il permesso di soggiorno scaduto e non rinnovato.

In entrambi i casi – clandestino e l’irregolare – vengono espulsi o accompagnati alla frontiera se  non hanno un regolare visto di ingresso o un permesso di soggiorno. Non possono essere espulsi immediatamente se:

  • occorre prestare loro soccorso
  • occorre compiere accertamenti sulla loro identità o nazionalità
  • occorre preparare i documenti per il viaggio
  • non è disponibile un mezzo di trasporto idoneo
  • devono essere trattenuti, previo provvedimento del questore convalidato dal magistrato, presso appositi centri di permanenza temporanea e assistenza (art.14 del Testo Unico n. 286/98) per il tempo strettamente necessario per la loro identificazione ed espulsione

I minori  stranieri

Anche se entrati clandestinamente in Italia, i minori stranieri sono titolari di tutti i diritti garantiti dalla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989.

La direttiva sui rimpatri e il suo recepimento in Italia

Le norme sul “trattenimento ai fini dell’allontanamento” dei migranti irregolari sono contenute nella direttiva 2008/115, recante “norme e procedure comuni per il rimpatrio”. Già nelle premesse, la direttiva Ue stabilisce che le operazioni di rimpatrio devono avvenire “in maniera umana e nel pieno rispetto dei diritti fondamentali e della dignità umana” e che il rimpatrio deve essere deciso “caso per caso, non limitandosi a prendere in considerazione il semplice fatto del soggiorno irregolare”. Non trova nemmeno menzione, quindi, l’ipotesi di usare la detenzione amministrativa come strumento indiscriminato di sicurezza sociale . Al contrario, è la stessa sequenza di articoli (art. 7 partenza volontaria; art. 8 allontanamento; art. 15 trattenimento) a suggerire che la detenzione finalizzata all’allontanamento,  svincolata da alcuna condotta criminale, debba essere usata come extrema ratio.Infine, “si dovrebbe preferire il rimpatrio volontario” a quello forzato e “concedere un termine per la partenza volontaria” compreso tra 7 e 30 giorni, che è escluso solo se sussiste il rischio di fuga o l’interessato costituisce un pericolo per l’ordine pubblico o la pubblica sicurezza.

I ritorni volontari assistiti

Il Ritorno Volontario Assistito è la possibilità di ritorno offerta ai migranti che non possono o non vogliono restare nel Paese ospitante e che desiderano, in modo volontario e spontaneo, ritornare nel proprio Paese d´origine.La misura del Rimpatrio Volontario Assistito (RVA) è attuata  in favore dei cittadini extracomunitari da oltre un decennio, attraverso l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM). La realizzazione di programmi  di Ritorno Volontario prevede vari momenti: la segnalazione e la valutazione del caso, l´elaborazione di un progetto individuale  che tenga conto delle capacità e delle aspettative del migrante, il sostegno alla realizzazione di questo piano nel Paese di origine.I programmi di Ritorno Volontario Assistito vengono realizzati su base individuale e sono sempre in risposta a una richiesta volontaria del migrante.

I destinatari

Il programma è rivolto alle seguenti categorie di migranti:

  1. Richiedenti protezione internazionale;
  2.  Richiedenti protezione internazionale con diniego, entro i 15/30 giorni dal ricevimento del diniego o successivamente alla presentazione del ricorso;
  3. Cittadini di paesi terzi che beneficiano di forme di protezione internazionale: rifugiati e titolari di protezione sussidiaria;
  4. Cittadini di paesi terzi con permesso di soggiorno per motivi umanitari
  5. Vittime di tratta e casi assimilabili;
  6. Cittadini di paesi terzi che vivono in Italia in situazione di estrema vulnerabilità e grave disagio  (disabili, donne sole con bambini, anziani, persone con gravi problemi di salute fisica e/o mentale, senza fissa dimora)
  7. Cittadini di paesi terzi che non soddisfano o non soddisfano più le condizioni di ingresso e/o soggiorno in uno Stato membro (o che non soddisfano più le condizioni per il rinnovo del permesso di soggiorno ai fini della permanenza sul territorio italiano

Dal programma sono esclusi:

  1. i cittadini comunitari;
  2. i titolari di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo (carta di soggiorno)
  3. stranieri che hanno ricevuto un decreto di espulsione.

La decisione se ammettere il migrante al programma di Rva è assunta all’esito di un complesso scambio tra prefettura e questura per cui la prefettura riceve la richiesta dal soggetto titolare del programma; la questura verifica che non esistano motivi di esclusione, come  nel caso di carichi penali; in caso di esito favorevole, la prefettura ammette l’interessato al programma di Rva. Il soggetto incaricato del programma comunica l’avvenuto rimpatrio alla prefettura. Se lo straniero è irregolare, la questura comunicherà l’avvenuto rimpatrio all’autorità giudiziaria. In ogni caso, la presentazione della domanda di Rva alla prefettura non sospende l’efficacia esecutiva del provvedimento di respingimento o espulsione.

– Rimpatri forzati

La parola d’ordine in questo caso è esternalizzazione, cioè il subappalto della gestione delle politiche migratorie a paesi terzi – da un lato per controllare le frontiere e bloccare le partenze, e dall’altro per riammettere rapidamente nei paesi di origine coloro che l’Unione Europea considera “indesiderabili” sul proprio territorio.Un processo guidato dunque da una doppia logica di blocco: chiudere le frontiere marittime e terrestri, in modo da impedire nuovi arrivi, e accelerare e semplificare le procedure di espulsione per rimpatriare in maniera forzata gli irregolari. Il limite di tale procedimento potrebbe essere dato dalle possibili e drammatiche ricadute in termini di diritti umani: la caratteristica fondamentale del processo di esternalizzazione è infatti che in questo contesto si aprono trattative e si fanno accordi coi paesi d’interesse per la loro posizione geografica, senza nemmeno valutare il loro grado di rispetto dei diritti umani o come vengano gestite dai governi locali le questioni migratorie….

MS

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