Roma, 23 gennaio 2018 – Oggi alle 10.31, ora italiana, un terremoto di magnitudo 7.6 (stimata dalla sala operativa di Roma dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia INGV nei primi minuti dall’evento) si è verificato al largo dell’isola di Kodiak, 300 km a sud–est dalle coste dell’Alaska. A seguito della forte scossa è stata diramata un’allerta tsunami per l’area del Pacifico Settentrionale, successivamente rientrata dopo aver verificato i dati dei mareografi che escludevano fenomeni significativi. Nelle isole Aleutine e in Alaska non sono rari i terremoti in grado di generare grandi tsunami che possono propagarsi in tutto l’Oceano Pacifico. Il 27 marzo del 1964, un terremoto di magnitudo 9.2 nei pressi di Anchorage (porto navale che si affaccia sulla Baia di Cook), generò un enorme tsunami che penetrò nell’entroterra fino a un’altezza di 30 metri s.l.m. e un picco di oltre 60 metri nel porto di Valdez, provocando almeno 131 vittime e danni dall’Alaska fino alla California. Il Centro Allerta Tsunami (CAT) dell’INGV opera 24 ore su 24, valutando in tempo reale la possibilità che un determinato terremoto, con epicentro in mare o nelle immediate vicinanze, possa generare uno tsunami, stimando i tempi di arrivo e il livello di allerta attesi lungo le coste esposte. I messaggi emessi dal CAT per il Mediterraneo vengono poi trasmessi al DPC che ha il compito di diffonderli alle strutture e componenti del Servizio Nazionale di Protezione Civile e raggiungere, nel minor tempo possibile, la popolazione potenzialmente interessata. I terremoti rappresentano la causa principale degli tsunami (circa l’80%), anche se non sono l’unica. I maremoti sismo-indotti sono comunque i soli per i quali è possibile, con le reti di monitoraggio attuali, definire un sistema di allertamento a scala regionale. Altre cause che generano tsunami, sulle quali l’Istituto ha iniziato a lavorare, riguardano le frane generate dai sistemi vulcanici. Il CAT-INGV si avvale anche, come indicato nella Direttiva SiAM, dei dati della Rete Mareografica Nazionale dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) e delle altre reti mareografiche mediterranee per la verifica di un eventuale tsunami. Nel periodo tra ottobre 2014 e giugno 2017 il CAT ha analizzato centinaia di eventi sismici di magnitudo superiore a 5.5 in tutte le aree costiere del mondo. Cinque di questi terremoti hanno avuto origine nel Mediterraneo, in particolare nelle isole greche, nella zona di Gibilterra al largo delle coste del Marocco, e a Cipro. Per questi eventi il CAT-INGV ha inviato i messaggi di allerta tra i 9 e 12 minuti dal tempo origine di ciascun terremoto. Al momento sono nove i Paesi che ricevono i messaggi del CAT-INGV: Egitto, Francia, Germania, Grecia, Israele, Italia, Libano, Portogallo, Turchia, e tre organismi internazionali: IOC (Intergovernmental Oceanographic Commission dell’UNESCO), ERCC (Emergency Response Coordination Centre della Commissione Europea), JRC (Joint Research Center della Commissione Europea).
Mappa epicentrale del terremoto di questa mattina al largo dell’Alaska. La stella rappresenta l’epicentro del terremoto principale (quello di magnitudo 7.6 alle ore 10:31 ora italiana), gli altri simboli sono gli epicentri degli aftershock di magnitudo inferiore che si sono verificati nelle prime ore dopo l’evento più forte.