Istat: i giovani i nuovi poveri

Secondo il report annuale sull’ andamento della  poverta’ in Italia stilato e diffuso lo scorso 13 luglio   dall’ISTAT,  non si registrano nel nostro Paese  per il 2016 variazioni particolarmente significative rispetto all’ anno precedente. Si stima che siano complessivamente 4 milioni e 742mila gli italiani  che vivono in condizione di povertà e un milione e 619mila le famiglie residenti  che, soprattutto se composte da più di 3 figli minori, versano in uno  stato di povertà assoluta, ovvero non riescono ad accedere a quel paniere di beni e servizi considerati necessari per poter condurre una esistenza dignitosa.Il contesto nazionale vede ancora una volta il Mezzogiorno vivere la situazione più difficile con l’incidenza più alta sia sugli individui sia sulle famiglie. Ma non è solo il Sud Italia ad essere sfavorito. Nel corso del tempo, il Centro e  alcune aree del Nord,  hanno vissuto una notevole regressione dei propri livelli di benessere, in particolare se paragonati agli anni antecedenti la crisi economica.Un importante punto di rottura con il passato è rappresentato dalla età delle persone costrette a vivere in condizioni di povertà assoluta. Oggi i dati Istat descrivono una povertà che varia in maniera inversamente proporzionale al variare dell’età; se si analizzano i dati disaggregati per classi di età si nota infatti come l’incidenza più alta si registri proprio tra i minori di anni 18, seguita subito dopo dalla fascia d’ età 18-34 anni, migliora invece la situazione per gli over 65 la cui condizione, in controtendenza con quanto accadeva in precedenza, presenta livelli contenuti di disagio.Il tutto probabilmente è ascrivibile sia alla forma di tutela  garantita da un sistema pensionistico di tipo retributivo  o misto, allo stato attuale per molti di loro ancora vigente, sia al possesso del bene casa. Al contrario la persistente crisi del lavoro sembra penalizzare giovani e giovanissimi in cerca di prima o nuova occupazione e  adulti rimasti senza impiego. E la mancanza di un lavoro, è doveroso ricordarlo, può rappresentare un elemento di forte rischio sociale specie se cumulato con altre forme di disagio. Analizzando altresì il livello di povertà assoluta , prendendo  come parametro di riferimento la singola persona e non l’intero nucleo familiare,  si evince che la soglia  di indigenza tende a diminuire al crescere del titolo di studio conseguito : si riduce all’ 8,2% se in possesso di licenza elementare;  si dimezza al 4,0% se si arriva almeno al  diploma e scende ulteriormente con un titolo di studio più elevato.Anche la posizione professionale ricoperta dal singolo individuo ha un peso in termini di diffusione  di poverta’ assoluta che rimane piu’ contenuta con  persona di riferimento dirigente, quadro, impiegata, ritirata dal lavoro.Per quanto riguarda la povertà relativa, ossia quella determinata dalla quantità di denaro spesa mediamente da un individuo o da una famiglia di 2 persone per l’ acquisto di beni non necessariamente di prima necessità  posta in relazione alla spesa effettuata da un altro individuo o da un’altra famiglia che presenta analoghe condizioni economiche nello stesso contesto ambientale, essa  si presenta stabile rispetto al 2015.Cresce nelle famiglie giovani ed in quelle numerose ed è maggiore in famiglie di operai e\o assimilati o dove almeno un componente è in cerca di occupazione. I dati presi in considerazione fotografano dunque una realtà abbastanza inquietante: non solo i poveri presenti  nella Penisola , negli ultimi 10 anni , sono aumentati in maniera esponenziale arrivando a sfiorare la quota di  5 milioni, ma sembrano profilarsi tempi duri soprattutto per i giovani. Pare siano loro i nuovi poveri di questo millennio. M.S

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