Per la Cassazione l’INPS può rifiutare la corresponsione del beneficio solo se l’assicurato rifiuta una proposta di lavoro o non si presenta alla convocazione dell’ufficio. Vale la regola di diritto internazionale di deroga al principio di territorialità
Stop all’INPS. Una bocciatura arriva dalla Cassazione in materia di indennità di disoccupazione agli stranieri. Per la Suprema Corte – rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, con la sentenza n. 16997/17, depositata il 10 luglio dalla sezione lavoro – dev’essere riconosciuto tale beneficio al cittadino straniero anche durante il periodo in cui ha fatto rientro nel suo Paese d’origine. Nella fattispecie è stato rigettato il ricorso dell’istituto di previdenza avverso la sentenza della Corte d’appello di Torino che nel confermare la sentenza di primo grado del tribunale del capoluogo piemontese, aveva riconosciuto il diritto di uno straniero a percepire l’indennità di disoccupazione durante il periodo in cui aveva fatto rientro nella madrepatria, nonostante l’iniziale rifiuto della stessa INPS. In particolare, i giudici di merito nel avevano rilevato che l’istituto previdenziale non aveva provato che l’assicurato non si fosse presentato alle convocazioni da parte degli uffici competenti o avesse rifiutato qualche proposta di lavoro. Allora l’Inps aveva insistito nella sua tesi, motivando che per i periodi di allontanamento dal territorio nazionale, l’assicurato non avrebbe avuto diritto a ricevere tale tutela, poiché il sistema assicurativo è improntato al «principio di territorialità». Per i giudici di legittimità, al contrario, tale principio incontra delle deroghe, come ad esempio le convenzioni internazionali cui l’Italia ha aderito. L’articolo 45, comma 3, del Rdl 1827/35 dispone che l’assicurazione per la disoccupazione involontaria ha come scopo l’assegnazione dell’indennità per mancanza di lavoro e si riferisce a un periodo di assenza involontaria nel territorio nazionale, restando «ininfluente ogni evento che occorra in un periodo trascorso all’estero». Ma non è meno vero che, l’articolo 34, comma 2, del dpr 818/57 ancori la fruizione del beneficio alla circostanza che l’assicurato obbedisca alle «norme per il controllo della disoccupazione», ossia che si presenti alle convocazioni degli uffici competenti e che non rifiuti proposte di lavoro. In tal senso, la Corte d’Appello ha correttamente accertato che nel caso in questione, non vi era prova che l’assicurato, nel periodo in cui ha soggiornato all’estero, non si sia presentato «senza giustificato motivo ad una convocazione del servizio competente o abbia rifiutato una congrua offerta di lavoro». E quindi, la sentenza di secondo grado è correttamente motivata nel senso che, «diversamente interpretate, le disposizioni richiamate nella rubrica del motivo del ricorso per cassazione finirebbero per attribuire all’Inps una potestà innominata di incidere sul diritto al trattamento previdenziale in essere per il semplice fatto che il suo titolare si sia allontanato provvisoriamente dal territorio dello Stato, vale a dire un significato che le renderebbe passibili di una censura di incostituzionalità, avendo la Corte costituzionale più volte precisato che il diritto al trattamento di disoccupazione ordinaria è collegato soltanto all’osservanza del comportamento attivo prescritto dall’ordinamento a chi ne è beneficiario».
C.S. Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”