Autostrada. La società autostradale risarcisce danni da animale anche se la recinzione è intatta

Non è caso fortuito il fatto che la rete al margine della carreggiata sia integra al momento del sinistro

Quanti sinistri avvengono sulle nostre strade a causa di animali selvatici, randagi o anche domestici che invadono la carreggiata all’improvviso? È vero che tutto ciò si potrebbe evitare non solo con una maggiore prudenza di chi guida nei tratti a rischio attraversamento, ma pretenderla anche in autostrada dove è normale viaggiare a 130 km/h è un eufemismo. In questi casi, spetta una maggiore vigilanza all’ente gestore della strada che dovrebbe favorire il posizionamento di recinzioni adeguate e che impediscano realisticamente il salto al di qua. Proprio da un caso del genere prende spunto una recentissima decisione della Cassazione per ribaltare una sentenza della Corte di Appello di Milano che sull’erroneo presupposto dell’integrità della recinzione, aveva rigettato la richiesta di risarcimento di un automobilista che aveva subito lesioni personali a seguito dello scontro con un capriolo – che aveva saltato dalla carreggiata opposta bypassando il divisorio – e che aveva fatto causa alla società autostradale che gestiva il tratto ove era avvenuto il sinistro. Nella fattispecie, per i giudici di legittimità, il conducente aveva provato il nesso fra il danno e l’improvvisa comparsa dell’animale selvatico sull’asfalto, la circostanza che la rete sia trovata intatta non integra il caso fortuito che esonera il custode della cosa, ma denota piuttosto un’insufficiente opera di sorveglianza da parte sua. Con la sentenza  11785/17, pubblicata il 12 maggio è stato, quindi, accolto il ricorso del danneggiato, che in primo grado si era visto accogliere la domanda risarcitoria avendo dimostrato l’inevitabilità dell’impatto dell’auto con l’ungulato che aveva salta il divisorio centrale e attraversato la corsia all’improvviso. Ricordano i giudici della terza sezione civile che la responsabilità del custode di cui all’articolo 2051 del codice civile, ha natura oggettiva: chi trae profitto dalla cosa deve assumersene pure il rischio per i danni che la cosa medesima possa arrecare a terzi. Gli ermellini richiamano la giurisprudenza che ha «evidenziato, in proposito, che non si deve parlare di “colpa nella custodia” (atteso che il custode negligente, non rispnde in modo diverso dal custode perito e prudente, se la cosa ha procurato danni a terzi) ma di “rischio da custodia”, in quanto la responsabilità è imputata a colui che, avendo di fatto il potere di effettivo controllo e disponibilità della cosa, è chiamato a sopportarne anche gli incommoda»  Ciò vale tantopiù per le autostrade, dove i veicoli marciano ad alta velocità e serve un’adeguata attività di vigilanza per prevenire gli incidenti. Il gestore dell’infrastruttura può salvarsi dal risarcimento soltanto se dimostra che la presenza dell’animale selvatico sulla carreggiata è dovuta a un fatto imprevedibile e inevitabile: ad esempio un’improvvisa rottura della recinzione ad opera di vandali che non è stato possibile riparare subito oppure l’inopinato abbandono dell’animale in autostrada da parte di terzi. Il fatto che invece la recinzione fosse integra al momento del sinistro non solo non ha impedito alla cosa di esplicare la sua potenzialità dannosa ma esclude pure il caso fortuito, confermando che il danno non è stato determinato da un fattore esterno imprevedibile e inevitabile, tale da superare la presunzione di responsabilità a carico del custode. Insomma, per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, un motivo in più da una parte per pretendere una maggiore di vigilanza da parte delle società autostradali sempre più opulente e dall’altra per ottenere riconosciuto l’integrale risarcimento dei danni in casi analoghi.

 

c.s. – Giovanni D’Agata

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