04 febbraio 2017 – L’Ufficio studi della CGIA – su dati dell’Ispe-Sanità, dell’Inps, e del Rapporto annuale della Guardia di Finanza 2015 – ha stimato in almeno 16 miliardi di euro all’anno le uscite che l’Amministrazione pubblica italiana, tra gli sprechi presenti nella sanità, le misure di contrasto alla povertà percepite, invece, da famiglie abbienti e la quota di spesa pubblica indebita, potrebbe risparmiare se funzionasse con maggiore accortezza. Inoltre, se si potesse quantificare anche la spesa riconducibile ai falsi invalidi, a quella riferita a chi percepisce deduzioni/detrazioni fiscali non dovute o alla cattiva gestione del patrimonio immobiliare, molto probabilmente lo Stato, nel suo complesso, potrebbe risparmiarne altrettanti.
Una montagna, quella degli sprechi della nostra Pubblica amministrazione, che, secondo la CGIA, assume una dimensione ancor più preoccupante se si tiene conto dei dati forniti dal Fondo Monetario Internazionale: se la nostra Amministrazione pubblica avesse in tutta Italia la stessa qualità nella scuola, nei trasporti, nella sanità, nella giustizia, etc. etc. che ha nei migliori territori del Paese, il nostro Pil aumenterebbe di 2 punti (ovvero di oltre 30 miliardi di euro) all’anno. “Dopo aver approvato in fretta e furia una legge di Bilancio molto generosa sul fronte delle uscite – esordisce il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo – ora, dopo la richiesta da parte dell’Ue di correggere i nostri conti pubblici per 3,4 miliardi, il Governo decide di recuperarli agendo soprattutto sul fronte delle entrate. Non sarebbe il caso, invece, di intervenire in misura più aggressiva nei confronti della spesa pubblica improduttiva che risulta avere ancora dimensioni molto preoccupanti ?” Pur riconoscendo gli sforzi fatti dagli ultimi esecutivi sul fronte della spending review, la CGIA continua a ritenere che sarebbe sbagliato recuperare una buona parte dello 0,2 per cento di taglio del deficit/Pil richiestoci da Bruxelles aumentando, ad esempio, le accise sui carburanti. “Ricordo – conclude il segretario della CGIA Renato Mason – che l’80 per cento circa delle merci italiane viaggia su gomma. E’ vero che grazie al rimborso delle accise gli autotrasportatori, solo quelli con mezzi sopra i 35 quintali, possono recuperare una parte degli aumenti fiscali che subiscono alla pompa. Tuttavia, nel caso scattassero gli incrementi di accisa, potrebbero verificarsi dei rincari dei prodotti che troviamo sugli scaffali dei negozi e dei supermercati del tutto ingiustificati, penalizzando soprattutto le famiglie a basso reddito”. Rammentando che la nostra spesa pubblica annua ammonta a 830 miliardi di euro circa, i 3,4 miliardi di correzione del deficit richiestoci incide per lo 0,4 per cento: un’inezia che auspichiamo possa essere risolta attraverso una contrazione degli sprechi e degli sperperi presenti nella nostra Pa.
C.S. CGIA Mestre