Martedì 22 novembre all’Università Mediterranea di Reggio Calabria è stato presentato in anteprima nazionale il film documentario “A ‘Ntinna: la festa arborea di Martone”, in presenza del regista Nino Cannatà. L’evento ha aperto il ciclo di seminari “Andare/Restare: comunque in movimento” promosso dalla Biblioteca del Dipartimento di Agraria. In apertura dell’incontro il direttore del Dipartimento, Prof. Giuseppe Zimbalatti, ha sottolineato l’importanza dell’iniziativa: “Essa si inquadra in una proficua attività da tempo intrapresa dalla Biblioteca sotto la responsabilità della dott.ssa Armagrande. Se da un lato contribuisce a valorizzare il rapporto università-territorio e le espressioni più interessanti delle culture locali, apre nel contempo uno sguardo nuovo su tematiche universali”. Inoltre, ha detto Zimbalatti, “questo nostro incontro è stato posto in continuità con la celebrazione della festa nazionale dell’Albero e serve a ricordarci l’importanza del patrimonio forestale calabrese e delle popolazioni che se ne curano, cui il nostro Dipartimento rivolge la sua attenzione nelle attività di ricerca, didattica e formazione”. Il prof. Salvatore Di Fazio, delegato ai Servizi di Biblioteca, ha ringraziato quanti hanno collaborato alla realizzazione dell’evento, in particolare il Comune di Martone, l’Associazione Culturale Anassilaos, il CAI di Reggio Calabria e Lyriks. Ha quindi introdotto il tema-guida del ciclo di seminari: “Siamo parte di una società attraversata da profonde transizioni. Cambiamenti culturali rapidi e radicali, ma anche imponenti movimenti e trasferimenti di persone, di intere popolazioni da un luogo all’altro del pianeta”. Profughi, certo, ma anche fuga di cervelli, emigranti in cerca di occupazione, re-dislocazione del lavoro e delle imprese, pendolarismo, mobilità di studenti, apertura di fontiere e orizzonti sempre più ampi per l’agire quotidiano. Continua Di Fazio: “C’è, nei tanti viaggi implicati, anche la messa in gioco della ricerca di una realizzazione personale. Essa finisce sempre per coincidere con la ricerca di un luogo, una dimora, un ambito di appartenenza dove il desiderio possa abitare. Che si decida di restare dove si è nati o si fugga via affrontando viaggi più o meno perigliosi, la questione non cambia. Chi parte, ma anche chi ritorna, poi, installa altrove i mondi che porta con sé, quelli familiari di cui ha nostalgia e i nuovi che ha conosciuto”. Nino Cannatà, dopo aver ringraziato la Biblioteca di Agraria per avergli offerto l’opportunità di avere proprio in Calabria l’anteprima nazionale del film, ha poi raccontato la genesi del documentario, come parte di un più ampio progetto dedicato ai “Suoni d’Aspromonte”. Il film che ne è stato derivato è a sua volta frutto di un’attenta ricerca documentale e sul campo, supportata dalla comunità locale, mentre il lavoro di ripresa si è svolto durante tre diverse edizioni della festa. A parlare sono innanzitutto le immagini e i suoni registrati in presa diretta, in una narrazione scandita da un montaggio rigoroso, secondo la cronologia degli eventi. E poi le testimonianze, la memoria viva nel racconto delle persone. Il film, pubblicato in DVD dall’editore Squi(libri) è accompagnato da un volume con degli illuminanti saggi di Antonello Ricci e Pino Schirripa, dell’Università “La Sapienza” di Roma. L’opera di Cannatà – proiettata alla presenza di un pubblico numeroso e qualificato – documenta con uno sguardo partecipe e rispettoso l’intero svolgimento del rito della ‘Ntinna che ogni anno si svolge a Martone, un piccolo centro aspromontano della Calabria, in occasione della celebrazione della festa del patrono san Giorgio. Come tante feste tradizionali delle nostre comunità, anche quella della ‘Ntinna rappresenta un momento che sta fuori dal tempo ma che entra nel tempo significandolo tutto, tempo presente, passato e futuro. Si tratta sì della realizzazione di un altissimo albero della cuccagna, ma la ritualità messa in atto affonda le radici in un sentimento del reale che è profondo e antichissimo: l’ingresso nel bosco, la scelta dell’albero e l’abbattimento, la preparazione, il trasporto, l’erezione e l’addobbo della ‘Ntinna. Attraverso la festa la comunità si immerge nei suoi valori fondativi, li rappresenta per ricordarsene sempre. La fatica condivisa, la convivialità vissuta nel banchetto tradizionale dentro al bosco, il ringraziamento per i doni ricevuti, la necessità di riconquistarseli. La festa documentata da Cannatà impressiona per la coralità della partecipazione popolare. E il fermo-immagine finale della ‘Ntinna illuminata protesa verso il cielo, nell’oscurità notturna, in qualche modo segnala al mondo il tenace presidio di luoghi dimenticati e bellissimi, da parte di una piccola comunità che vi custodisce valori preziosi. “Non è una permanenza facile – dice Antonio Imperitura portando i saluti del sindaco di Martone, il fratello Giorgio – perché tanti sono andati via in questi anni. Nel 1950 eravamo quasi 2500 abitanti, oggi siamo rimasti in cinquecento. In Australia ci sono più di 4000 martonesi emigrati di prima generazione. Tanti altri sono in Canada, altri ancora a Torino. Ma la ‘Ntinna è un rito tradizionale che ancora ci mette tutti insieme, dice la nostra identità e la nostra storia. La comunità martonese di Sidney lo replica lì e così le altre comunità. Chi può, poi, torna a Martone ad Agosto proprio nei giorni della festa ed è la nostra grande comunità che si riabbraccia”. “Il film di Cannatà e questa presentazione oggi in Università – continua Imperitura – ci commuove e ci inorgoglisce, ci incoraggia a restare e a custodire le nostre tradizioni, la nostra cultura, i nostri territori. Tanti studenti di Martone sono venuti a studiare ad Agraria, proprio qui a Reggio Calabria, senza andar via, e la collaborazione col Dipartimento è importante anche per questo”. Nel corso del dibatto Lilly Arcudi, intervenendo per Anassilaos, ha sottolineato come il film di Cannatà ripercorra consapevolmente la strada aperta dal documentario “I dimenticati” di Vittorio De Seta, che aveva filmato nel 1959 una festa analoga ad Alessandria del Carretto; così “A ‘Ntinna”, se da un lato ne raccoglie nel modo migliore l’eredità artistica e morale, dall’altro pur vive di una sua suggestiva e interessantissima dimensione originale. “Il regista attira la nostra attenzione su immagini spesso senza commenti, senza descrizioni, senza la necessità di aggiungere parole” ha detto Lilly Arcudi, ed è come “un invito a fermarci in silenzio per sentire e riscoprire ciò che ci circonda, ciò che a volte calpestiamo senza renderci conto della sua importanza, per viverne le emozioni”. Portando i saluti del CAI di Reggio Calabria, il dott. Alfonso Picone, ha sottolineato l’importanza della documentazione di risorse culturali così ricche eppur così poco note, anche agli stessi calabresi. La dott.ssa Luigia Iuliano, a sua volta, ha richiamato l’importanza della festa come momento pedagogico per la comunità. “La festa della ‘Ntinna, pur affondando le sue radici in riti arcaici, oggi è posta nell’orizzonte della fede cristiana, davanti a San Giorgio. Una comunità che durante la celebrazione appare così coesa, creativa, disposta alla fatica e al sacrificio per l’affermazione del bene comune è proprio da lì che deve trarre le energie e i valori perché ciò possa accadere sempre, perché non sia vuoto e nostalgico folklorismo”. Illuminante, in tal senso, anche l’intervento del dott. Rosario Previtera: “Il documentario rivela quanta bellezza anima i nostri luoghi. Tante risorse che esprimono il carattere genuino delle genti di Calabria sono poco valorizzate: prodotti, feste, tradizioni. Proprio intorno ad esse, anche con idonee strategie di sviluppo locale e marketing territoriale, si possono costruire opportunità lavorative che frenino l’esodo dei giovani e diano un futuro alle comunità. In fondo, anche l’idea di presentare qui il documentario è nata dalla condivisione con il Prof. Giuseppe Modica e RurAL di un lavoro più ampio svolto in Dipartimento per la valorizzazione delle tipicità regionali e del paesaggio che le esprime”. A chiusura dell’evento, come a sottolinearne la dimensione festosa, Diego Pizzimenti (canto) e Danilo Brancati (zampogna) hanno eseguito alcune musiche popolari dell’Aspromonte. “Prima erano espressioni musicali derise dai più, tanto che erano scomparse pure dalle feste tradizionali, sostituite dalle musiche da discoteca”, dice Pizzimenti, “mentre ora sono finalmente riapprezzate per quel che in realtà sono: forme culturali raffinate e complesse. Richiedono maestria e abilità nella costruzione degli strumenti e nell’esecuzione, una capacità compositiva istantanea ricca di una memoria immensa, che può fare a meno di scrittura, di partiture”. Musica che avvolge, eterea eppur consistente, come l’aria e come la terra: è il bosco che canta, con i suoi legni, le pelli degli animali, le canne lungo i torrenti, il fiato della vita, i sogni degli uomini. Il miglior modo per concludere il seminario, anche perché è da lì che si può ancora ripartire.