Il Censis, in uno studio pubblicato in questi giorni nel primo dei quattro incontri del tradizionale appuntamento di riflessione di giugno “Un mese di sociale”, (Rai news) ha delineato un quadro per nulla “felice” e “roseo” per quanto riguarda l’occupazione e la qualità dell’occupazione, dei giovani d’oggi. La maggior parte dei giovani di oggi hanno tutti o un diploma di scuola media secondaria o una laurea di primo o secondo livello. Partendo dai laureati, se nel 2005 il tasso di occupazione era del 79,5% , nel 2015 è sceso al 73,7%. Leggendo lo studio e le analisi del Censis possiamo notare che fra il 2010 ed il 2015 abbiamo avuto una perdita di titolari sotto i 30 anni di aziende pari al 14.8% arrivando a 192.000, con un solo 5% specializzato nei settori più avanzati della manifattura e dei servizi, il 35,3% nel commercio al dettaglio e all’ingrosso (+7,6% rispetto al 2010) e il 10,3% nelle produzioni e nelle coltivazioni agroalimentari. Vi è stata una contrazione anche delle nuove partite iva -10,7% nel 2015 rispetto al 2014 e -2,7% nel marzo 2016 rispetto allo stesso mese dell’anno precedente (N.B. il 46% dei titolari è sotto i 35 anni di età). Il Sud del nostro paese è sempre la regione che paga le conseguenze più dure e pesanti di questa crisi che non vuole cessare, con un PIL pari a 17.600 euro contro 31.200 euro del Nord, con una diminuzione del PIL pro-capite al sud pari al 7,6%. Lo studio riporta poi esemplificazioni fra la media nazionale e quella tedesca dove vediamo che fra il 1995 ed il 2015, “dove il reddito pro-capite è cresciuto tra il 1995 e il 2015 del 29,3% contro il 2,8% dell’Italia, dimostra che la differenza macroscopica non sta nel Pil per occupato (i due valori sono analoghi: 66.800 euro in Italia, 70.300 euro in Germania nell’ultimo anno), ma nella capacità tedesca di includere meglio nel mercato del lavoro anche addetti con un basso livello di produttività” (CENSIS) “tirando le somme” il Censis afferma che : “Nei Paesi in cui invece si è avuta una riduzione delle attività economiche, come in Italia, si registra anche uno stallo della produttività (prodotto per addetto), perché -spiega l’istituto di ricerca socio-economica- sono state inglobate quote di lavoratori marginali pressati dalle condizioni sociali senza poter aumentare l’occupazione complessiva”. “La crescita della produzione, e quindi della domanda, favorisce dunque la crescita della produttività. E in Italia la dinamica positiva delle piccole imprese, saldandosi con la accresciuta propensione all’export di quelle medie e grandi, e appoggiandosi sull’economia dell’innovazione e della conoscenza, sta migliorando la domanda interna” .
Antonella Postorino