I provvedimenti che il Governo presieduto dal Senatore Professore Mario Monti sta mettendo a punto per contrastare la crisi e determinare le condizioni per la ripresa economica in Italia, prevedono anche un intervento nel settore delle pensioni, con l’estensione per tutti i lavoratori del sistema contributivo. Cosa significa? E quale rilevanza ha questo provvedimento con l’evoluzione del Debito Pubblico? Partiremmo proprio da quest’ultima considerazione.
La professoressa Vera Zamagni, ottima docente di Economia all’Università di Bologna, autrice di numerose pubblicazioni di spessore, ha realizzato una serie storica del rapporto Debito Pubblico/PIL in Italia, dal 1861 al 2005, nel suo volume dal titolo : “Introduzione alla storia economica d’Italia”, edito da Il Mulino nel 2007. Da questa ricostruzione statistica, emerge che ancora fino al 1961 il rapporto Debito Pubblico / PIL, in Italia, era stimato al 35,5 %; al 2005 era al 106,6 %. Come si è arrivati ad un aumento così esponenziale? Si ritiene che questo vertiginoso incremento del rapporto Debito Pubblico / PIL sia da addebitare all’estensione del Welfare alla società italiana, senza che vi sia stato un contemporaneo aumento della pressione fiscale, anzi in presenza di una crescente evasione fiscale. A questo si deve aggiungere, inoltre, una legislazione in materia pensionistica che si è manifestata alquanto permissivista, sia in termini di età pensionabile, sia in termini di sistema di calcolo della rata di pensione.
Per quanto riguarda l’età pensionabile, sappiamo tutti che per molte categorie di lavoratori era possibile andare in pensione anche con quindici anni di servizio; inoltre, sappiamo tutti che ci sono stati tantissimi casi di lavoratori che sono andati in pensione ad un’età anagrafica ancora giovane (negli ultimi giorni in cui il governo Berlusconi era in carica, è spuntata la polemica sulla moglie dell’on. Bossi che è andata in pensione all’età di 39 anni). E, per ultimo, sappiamo che questi lavoratori sono andati in pensione con il metodo retributivo, vale a dire che la loro pensione è stata commisurata all’ultimo stipendio percepito.
Una ventina di anni fa venne varata una riforma del sistema pensionistico che introduceva il sistema contributivo per i nuovi lavoratori, e distingueva quelli che lavoravano da quindici anni, da quelli che avevano una anzianità contributiva maggiore.
Ora, l’innalzamento della speranza di vita, sta determinando in tutti i paesi europei l’innalzamento dell’età pensionabile, e l’introduzione del sistema contributivo per tutti i lavoratori: vale a dire che la pensione sarà commisurata sulla base dei versamenti effettivamente accantonati, a prescindere dall’ammontare dell’ultimo stipendio. Questa è la strategia che ha proposto il Ministro per il Welfare, la Signora Elsa Fornero. Questa riforma porterebbe un riequilibrio del bilancio pensionistico nazionale, con positivi effetti sul bilancio dello Stato e, quindi, sul Debito Pubblico italiano.
Prof. Giuseppe Cantarella