Contro il disfattismo e l’antieuropeismo anche la scuola reggina e calabrese è chiamata a far crescere il processo di identità e di cittadinanza
Il 9 maggio 2016 si festeggia la Giornata dell’Europa e quest’anno segna il 66° anniversario della Dichiarazione di Schuman , da cui nacque l’Unione . La costruzione politica dell’Europa non é stata fin qui e non sarà certamente per il futuro il risultato dell’egemonia politica, economica o militare di qualche potenza dominante. La costruzione dell’Europa può e deve essere il risultato di una capacità di condivisione di regole e principi e di una cultura politica democratica partecipata. Questo rimanda al concetto di cittadinanza europea, alla costruzione di noi stessi, di noi tutti, come cittadini dell’Europa attraverso nuove reciproche relazioni. Anche perché un italiano su due non si sente europeo. Il dato emerge dall’estratto nazionale del rapporto Eurobarometro Autunno 2015. Esattamente il 50% del campione di nostri connazionali intervistati tra il 7 e il 16 novembre scorso, non si sente cittadino dell’Unione europea. Un dato in aumento rispetto al 44% registrato a maggio dello scorso anno, e peggiore perfino del regno Unito, dove il 52% dei cittadini si percepiscono come appartenenti all’UE nonostante il dibattito sulla Brexit. Il 57% dice di non sentirsi attaccato all’Unione Europea ,mentre il 53% del campione nazionale dichiara di non sapere come l’UE funzioni. La fiducia nell’UE diminuisce ma resta superiore a quelle verso le istituzioni nazionali. E mentre l’idea dell’Europa nei cuori e nelle menti di noi italiani si sta affievolendo, l’immigrazione occupa il primo posto tra le preoccupazioni della popolazione ,il 49% degli intervistati italiani. Questa priorità nel giro di un anno è balzata dal 20% dei cittadini UE al 58%. Una evoluzione che ha fatto passare in secondo piano ,nella percezione pubblica, i problemi economici e occupazionali. Un dato sorprendente emerso dall’indagine demoscopica riguarda l’accoglienza: solo il 42% degli intervistati degli intervistati ritiene che l’Italia debba fornire assistenza ai rifugiati ,mentre il 46% è contrario. La media UE mostra una netta prevalenza di chi pensa che il proprio Paese debba fornire protezione internazionale(65%) , e dunque gli italiani si avvicinano più a ungheresi cechi e slovacchi, i quali fanno registrare percentuali fra il 24 e il 35% di chi vuole dare accoglienza. Si registra comunque una notevole insofferenza sulle questioni migratorie. Se si parla non di rifugiati ma di migranti in senso più ampio, il 66% degli italiani ha una percezione negativa di quelli provenienti da fuori dell’UE. Anche nei confronti degli altri cittadini UE che si sono trasferiti in Italia prevale un atteggiamento ostile:non li vede di buon occhio il 49% degli italiani, mentre solo il 41% ha opinioni positive. Ora, non vi è chi non veda e riconosca indispensabile, nella nuova fase politica in cui è entrata la costruzione dell’Europa, la funzione della scuola, perché essa dipenderà anche dalla possibilità che si realizzi un grande spazio europeo dell’istruzione e della formazione, senza il quale sarà difficile costruirla. La nuova Europa di questo decennio dovrà irrobustirsi nelle scuole contro i tentativi dei disfattisti ed un antieuropeismo nascente. Gli ambasciatori di questa Europa saranno i giovani. Non sono slogan, ma la pura e semplice realtà. Perché la scuola è il primo ambiente concreto di integrazione sociale, in cui la pratica della differenza va gestita nei suoi valori, nella spontaneità dei suoi intrecci culturali e linguistici. Non si potrà diventare buoni cittadini europei, se non si è prima buoni e attivi cittadini nella propria terra, nel proprio comune, ancor prima buoni cittadini studenti nella propria scuola. Qui la pedagogia, una nuova pedagogia della cittadinanza, gioca un ruolo centrale. Sicchè anche la scuola reggina e calabrese è chiamata a far crescere negli studenti il processo di identità e di cittadinanza e lavorare su processi legati agli aspetti giuridici e istituzionali. Ora va di moda parlare male dell’Unione Europea, criticare con forza la sua mancata coesione, il disimpegno su problematiche come l’immigrazione, la sua moneta forte e debole nello stesso tempo. Certo tutto questo è legittimo ma forse dovremmo anche ricordare l’enorme investimento fatto dall’UE in particolare nel mondo della scuola con i Fers 2007/2013, cui hanno attinto numerose scuole reggine e calabresi e con gli interventi previsti nella nuova programmazione 2014/2020 .Non vedo come, con quali altri soldi , le istituzioni scolastiche avrebbero potuto e potranno sviluppare azioni significative per rafforzare le attività formative degli allievi. Le risorse del Fondo Sociale Europeo (FSE) saranno dedicate ai temi dello sviluppo delle competenze degli alunni, dei docenti e del personale della scuola, all’integrazione degli studenti, all’alternanza scuola-lavoro, all’istruzione degli adulti e all’internazionalizzazione delle scuole; quelle a valere sul Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale (FESR) saranno invece destinate a interventi sull’edilizia scolastica, per il potenziamento degli ambienti digitali e ai laboratori professionalizzanti. Certo, con la nuova programmazione si aspettano risultati più incisivi e non tutto è stato utilizzato al meglio, ma cosa mai avrebbe potuto fare da sola la nostra poverissima scuola. Ci confortano, intanto, gli ultimi dati che danno in controtendenza i valori relativi all’utilizzo dei fondi UE nella nostra regione. La gestione delle risorse, che va rafforzata, resta tuttavia una sfida ancora complessa che la Calabria sicuramente vincerà. Anche i nostri giovani ,come i coetanei europei sono di fronte ad un bivio: o fare il salto dell’integrazione o mancare la propria vita e diventare la generazione del definitivo declino europeo; capendo , insomma, una buona volta per tutte che l’Europa di oggi e del domani non potrà essere realizzata senza o contro i giovani. Così come non si costruisce l’Europa senza e tantomeno contro il Mediterraneo,dove la nostra Calabria svolge la funzione di regione cerniera a cavallo di due grandi culture. Sarebbe come formare una persona senza tener conto o contrastando la sua infanzia e la sua adolescenza. Vi è inoltre da aggiungere un dato: nella nostra regione sempre più si rafforza la presenza di minoranze etniche provenienti dai Paesi dell’Africa Mediterranea e dell’Asia Minore;così come non vi è chi non veda che una seria prospettiva di sviluppo sociale ed economico del sud d’Italia, e della Calabria in particolare, deriva dalla capacità di guardare strategicamente al “nostro sud”. Per cui si può affermare che la parola Mediterraneo è sinonimo di multiculturalità e che può essere un buon libro di testo pluridisciplinare.
Guido Leone
già dirigente tecnico USR Calabria