“Non è un semplice problema di Polizia, né si tratta di mettere sotto accusa e in stato di assedio un’intera provincia. La norma per un’azione seria potrebbe dettarla l’esame di come si è comportata la classe dirigente da cinquanta anni”. Questa ferma denuncia di Corrado Alvaro, a conclusione di un saggio sulla mafia calabrese pubblicato negli anni cinquanta, costituisce per Tuccio una fondamentale linea assiologica nella trattazione della inadeguatezza degli interventi governativi sul terreno della prevenzione. Espressione che peraltro riecheggia una più disperata e disperante affermazione di Pasquale Villari in materia di “chirurgia governativa”. Per distruggere il brigantaggio noi abbiamo fatto scorrere il sangue a fiumi ma ai rimedi radicali abbiamo poco pensato. In questo come in altre cose l’urgenza dei mezzi repressivi ci ha fatto mettere da parte i mezzi preventivi, i quali soli possono impedire la produzione di un mare, che certo non è spento e durerà un pezzo. In politica noi siamo stati buoni chirurghi e pessimi medici”. In buona sostanza, nel suo volume “Oltre la legittima repressione. Verso innovativi processi formativo – culturali: Famiglia, Scuola, Politica, Chiesa”, l’Autore ripropone l’ineludibile ripresa di un recupero della positiva cultura maturatasi nel nostro mezzogiorno ad opera dei meridionalisti da Don Luigi Sturzo a Giustino Fortunato, da Gaetano Salvemini a Guido Dorso, da Benedetto Croce ad Antonio Gramsci. Cultura che rilanciava a sua volta riflessioni più approfondite in ordine al ruolo fortemente impegnativo ricoperto nel passato da studiosi sia del settore umanistico che tecnologico, dai grandi pensatori dell’umanesimo che ebbe per protagonisti molti calabresi. E’ questo il profilo assolutamente inedito del saggio di Giuseppe Tuccio che dunque non si inserisce nel filone della produzione culturale antimafiosa, precipuamente impegnata nella “narrazione” della espansione ormai smisurata e forse anche incontrollabile della ndrangheta in tutti i paesi del mondo, nella era della globalizzazione. “Lobby tra le Lobby la ndrangheta compartecipa attraverso la corruzione politica, al controllo delle risorse fondamentali per la umanità”. Sono messi a fuoco i disimpegni dei governanti, che hanno riversato ogni opportunità di intervento nella esclusiva strategia giudiziaria, abbattendo anche insormontabili barriere costituzionali, creando livelli di ipereffettività e di ipoeffettività assurde nell’impegno del sistema penale. L’inadeguatezza di fondamentali risorse umane e strutturali destinate ai fattori di socializzazione è stato un errore storico. Leggi penali ipertrofiche, misure repressive che proprio in questi giorni sono oggetto di seria riflessione in sede parlamentare sia in materia di riordino della legge antimafia, sia in ordine alle leggi in materia di sciogliment dei consigli comunali sia infine in ordine alla gestione dei beni confiscati alla criminalità organizzata.