L’Iran al voto

Gli iraniani che hanno superato i 18 anni di età saranno chiamati al voto il 26 febbraio, per eleggere i membri del Parlamento e della Assemblea degli esperti. La peculiarità del sistema politico iraniano  con l’ assenza di partiti ufficialmente riconosciuti e l’assoluta mancanza di confini netti tra gli schieramenti,  non facilita il lavoro di analisi, in quella che appare come una grossa, inspiegabile macchina istituzionale che unisce organi elettivi ad altri imposti per volere divino.

LE ISTITUZIONI – Il Parlamento, è un organo monocamerale che detiene il potere legislativo e si rinnova ogni 4 anni.

L’Assemblea degli esperti è un corpo istituzionale, composto da 86 religiosi sciiti esperti di giurisprudenza islamica, sottoposto a suffragio universale ogni 8 anni.  (Mojtahed, è colui che ha completato gli studi religiosi ed è, pertanto, qualificato a emettere le fatwa -pareri giuridici).

Entrambi gli organi hanno un ruolo cruciale nel definire nel breve-medio periodo la direzione della politica interna della Repubblica islamica e gli aspiranti candidati  sono soggetti allo scrutinio del Consiglio del guardiani composto da 12 componenti e presieduto dal conservatore-radicale Ayatollah Ahmad Jannati. Il compito del Consiglio (di cui i 6 membri appartenenti al clero sciita sono direttamente scelti dalla Guida Suprema e i restanti 6 vengono eletti dal Majles) è quello di esaminare le candidature ed esprimere il veto su quelle considerate inadeguate, ma molto spesso questo incarico si trasforma in un arbitrario esercizio di potere a scapito delle figure più “controverse” (o ritenute tali), ossia coloro che non si allineano alle posizioni del regime.

Oltre dodicimila candidature per i 290 posti in Parlamento sono passate al vaglio del Consiglio dei guardiani che, appellandosi ad inadeguate competenze dei candidati, scarsa aderenza ai principi islamici e della Repubblica islamica, ne ha autorizzate solo la metà. Tra queste, pochissime sono le presenze degli esponenti riformisti (si stima un 1% a fronte delle 3.000 candidature), vero bersaglio del blocco conservatore e, pertanto, soggette a un sistematico boicottaggio. Lo stesso Presidente Rohani ha pesantemente esposto la sua critica verso il Consiglio dei guardiani, sostenendo che le giustificazioni impiegate non fanno che da schermo a ben chiari obiettivi politici. L’amministrazione Rohani, infatti, si pone vicina alle tendenze riformiste, contrapposte a quelle che sono le aspirazioni delle frange più radicali e conservatrici del regime (innervate, tra l’altro, negli organi non elettivi come il Consiglio dei guardiani).

I CANDIDATI: Secondo la legge iraniana, per potersi candidare bisogna:

  • possedere la cittadinanza iraniana
  • avere un diploma di scuola superiore (unless being an incumbent)
  • essere un sostenitore della Repubblica islamica, giurando sulla fedeltà alla Costituzione
  • essere un mussulmano praticante (a meno di non essere un candidato delle cinque minoranze religiose dell’Iran)
  • non avere una “cattiva reputazione”
  • essere in buona salute e con un’età compresa tra 30 e 75 anni.
 L’IMPORTANZA DEL MAJLES  – La sua rilevanza è insita nel fatto che questo organo avrà il potere di ostacolare l’operato dell’esecutivo, quindi del Presidente della Repubblica, come peraltro si è osservato nei ripetuti tentativi del Parlamento uscente a guida conservatrice nell’atto di sfiancare il negoziato con i P5+1 (la delegazione internazionale incaricata di sciogliere i nodi sull’annoso programma nucleare iraniano). Leggendo la prima pagina, in lingua farsi, di Key’han, “ giornale mediatico” dei tradizionalisti, ci si accorge chiaramente della posizione ufficiale diffusa negli ambienti conservatori del Paese. In un articolo del 27 gennaio il giornale di Hossein Shariatmadari, loda l’operato del Consiglio dei guardiani, non facendosi mancare l’occasione di imputare alla congiuntura esterna (quindi alla propaganda mediatica internazionale) il tentativo di infangare il processo di esame e verifica degli aspiranti candidati.  A suscitare clamore è il primo nome tra gli esclusi, quello del nipote del fondatore della Repubblica islamica (l’Ayatollah Khomeini) Hasan Khomeini, spalleggiato da una delle figure più influenti e controverse della politica iraniana, il capo del Consiglio per il discernimento  Ali Akbar Hashemi Rafsanjani. Secondo quanto esprime Akbar Ganji, noto dissidente iraniano, la sola giustificazione formale per la squalifica di Khomeini sarebbe potuta essere la mancanza del titolo di Mojtahed. Ma, considerando le sue posizioni vicine a quelle dell’amministrazione Rohani, ben si evince quale possa essere stato il vero motivo implicito alla sua squalifica.

PROSPETTIVE – La prossima Assemblea degli esperti sarà verosimilmente quella incaricata di eleggere (ed eventualmente dimettere) il successore dell’attuale Guida suprema, Ali Khamenei, adempiendo al suo compito costituzionalmente riconosciuto negli articoli 107 e 111. Il rinnovo dei membri di Assemblea e Parlamento avrà, quindi, un ruolo chiave nella definizione della leadership politico-religiosa della Repubblica islamica, sebbene l’Assemblea si riunisca solo due volte all’anno e venga considerata una sorta di longa manus del Rahbar. In aggiunta, le dinamiche interne post elettorali giocheranno un ruolo significativo nell’andatura della politica estera della Repubblica islamica, ormai sul trampolino di lancio per affermarsi come indiscussa potenza regionale.

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