L’EXPO Milano 2015, dedicato a “Nutrire il pianeta. Energia per la vita”
di Sonia Topazio – “Nutrire il pianeta” è una frase che fa pensare a quel gesto di solidarietà verso popolazioni meno abbienti rispetto alla nostra in cui viviamo. “Energia per la vita”, invece porta il pensiero ancora oltre e cioè la fame e la sete nel Mondo e le indicazioni sulle principali linee guida per la soluzione, se fattibile. Le parole scelte per il sottotitolo EXPO, indicano chiaramente che gli esseri umani sono al centro delle preoccupazioni relative allo sviluppo sostenibile. Come? Tramite l’innovazione coniugata alla tradizione. Ridurre la miseria e la gravità della sua urgenza, si mostrano meglio se facciamo risaltare la necessità, la bontà, la magnificenza; i valori, insomma, per il nutrimento dei popoli.
Esclusa l’ipotesi che sia l’andamento demografico ad ostacolare lo sviluppo umano e quindi l’approvvigionamento di alimenti, si levano le mere cause che sono da ricercarsi nell’onere del debito estero dei Paesi in via di sviluppo, lo spreco verso tutta la filiera alimentare, la volatilità dei prezzi alimentari per le speculazioni finanziarie sulle materie prime, l’accaparramento delle terre da parte di operatori di paesi ricchi all’acquisizione di ampie superfici di suoli fertili in paesi poveri. La tematica scelta quest’anno per l’EXPO investe un ambito che influisce sulle scelte strategiche dei governi nei prossimi decenni; la possibilità di far emergere queste proposte dovrebbe levarsi dalla grande kermesse mondiale milanese (1° Maggio-31 ottobre p.v.). E’ possibile garantire cibo sufficiente, buono, sano e sostenibile per l’intera umanità? Questa è la sfida che avrebbe voluto, con una promessa scritta, abbracciare (almeno nelle parole) l’EXPO. Proprio solo parole, perché la fiera meneghina è quasi tutta fuori tema. Di fronte alla complessità e alla vastità del dibattito, nella guida EXPO lo slogan principale si concentra su: “Scoprite con noi padiglioni, cluster, ristoranti, angoli per divertirsi la sera e spazi perfetti per i bambini”, dove i problemi più importanti diventano quelli di come evitare le code, dove mangiare meglio e dove far divertire i bimbi. E tutto effettivamente è a dimensione di scuola primaria, anche gli exibit (ad eccezione della straordinaria magia che lascia nei ricordi il padiglione Emirates). Un esempio? Provate a visitare lo spazio espositivo dell’Unione Europea, dove il pezzo forte è un cartone animato per l’asilo; il tutto quasi senza voce, solo immagini, una vera e propria animazione per sordi. Tutto questo, ed è inutile dirlo, senza pensare minimamente a quella parte di cittadini con disabilità sensitive come la cecità. Il padiglione Italia è una grande sagra paesana altolocata e quasi nessuna regione fa eccezione: come se i bambini del Burkina Faso potessero essere nutriti con i prodotti locali o il caviale di un illustre azienda del nord. Assenza pratica di rappresentanze di Università o Enti di Ricerca per la promozione di progetti sullo sviluppo delle tecnologie per l’agricoltura con scenari di proposte e soluzioni.
Ci si aspetterebbe almeno la presenza del già Istituto Nazionale di Ricerche sulla Nutrizione, con qualche dato alla mano su quali modelli sostenibili seguire, così tanto per far riflettere sul rapporto tra cibo e globalizzazione e non solo divertire quei 20 milioni di presenze stimate. Non commentiamo poi l’inutile Carta di Milano (leggerla per credere). Che grossolano errore non citare i paesi del G77. Quel gruppo dei 77 Paesi in via di sviluppo costituitosi nel 1964 per difendere nelle sedi internazionali i propri interessi riguardo agli scambi commerciali con i Paesi industrializzati. Il padiglione USA è un grande stanzone vuoto, conferenze interessanti che trovano il tempo che trovano con il risultato finale di parole andate al vento. Abbandonando questo circo equestre, ci sono, per fortuna, anche quelli che hanno centrato meglio il tema e ci dispiace per gli altri: Save che Children, Caritas, e il messaggio chiaro di Casa Don Bosco, la cui struttura non morirà con la chiusura della fiera, ma l’edificio di legno ha già una destinazione d’uso perché diventerà una scuola-casa famiglia in Ucraina. Coloro che hanno capito cosa si intendeva per “Nutrire il Mondo” sono quelle realtà che da sempre sono sul territorio e che non fanno assistenzialismo, la forma di aiuto più efficace.
Tra i bravi c’è anche Technogym che con World Food Programme delle Nazioni Unite, attraverso un’app dona pasti ai bambini dei paesi dove il cibo scarseggia, creando così energia per la vita, e poi un grazie di cuore all’intellettuale Società Civile. Infine Chapeau all’ideatore delle case dell’acqua (ma quelle sono fisse) da cui rifornirsi gratuitamente anche di quella frizzante. Doveva essere un’occasione per rompere le barriere e i monopoli che lasciano tanti popoli ai margini dello sviluppo. Cosa ci rimarrà dell’Expo di quest’anno? Una Tour Eiffel? Un quartiere come quello capitolino dell’EUR? No, un grande palo di legno dal nome: “l’Albero della Vita” … e qui mi fermo.