E così, dopo tante vicissitudini, la serie D si è materializzata. La fine di uno spettacolo a cui nessun reggino avrebbe mai voluto assistere. Il giusto epilogo di una gestione tecnica e societaria all’insegna del più esasperante dilettantismo, gli ultimi metri di un percorso ad ostacoli, un navigare a vista che ha origini lontane. Una retrocessione resa ancora più amara dalla “coltre” di indifferenza che ha fatto da “frame” ad un paesaggio cupo e ignoto. Il tifoso, anche quello più instancabile, “stremato” dalle vicende legate a tribunali, fallimenti, penalizzazioni e sconfitte ha gettato la spugna rinunciando, di fatto, a cancellare quelle splendide emozioni che l’hanno accompagnato sin da bambino, costruendosi uno scudo fatto di tanto disinteresse agli eventi degli ultimi tempi. Il presidente Foti ha le sue colpe, specie per la fiducia mal riposta in tanti suoi collaboratori ma, considerarlo il capro espiatorio sarebbe fin troppo facile, le responsabilità partono da lontano e non esimono alcuni giornalisti sordi e ciechi di fronte ai negativi segnali premonitori, i quali preferivano le “vacanze” nei ritiri della Reggina: “suonando, ballando ed esibendosi” per far felice il “sultano”, invece di far presente i rischi che si stavano materializzando su alcune scelte incomprensibili. Quando la musica è cambiata: peste e corna ai quattro venti anche nelle poche “giornate di sole”. Una fine annunciata perché, come dicevo prima parte da lontano: dalla prima retrocessione dalla massima serie – dove si è puntato più ai 7 milioni di euro previsti dalla cosiddetta “legge paracadute” che alla salvezza – ai giorni nostri, in cui nella gestione tecnica e societaria non si sono visti mai così tanti errori nelle scelte e nelle azioni. Professionisti seri e preparati che hanno fatto la fortuna di società più attrezzate della Reggina sono stati messi da parte per far posto ad una miriade di “dilettanti” per formazione e capacità. Troppi calciatori non all’altezza hanno vestito la gloriosa maglia amaranto. Il tutto condito da una pessima gestione delle risorse umane. Sprovveduti e dilettanti che con le loro scelte hanno contribuito ad affossare la società dello Stretto. Scelte che hanno avuto effetti devastanti anche sul settore giovanile, fiore all’occhiello della società: la priorità al “pennellone” a discapito di chi sapeva davvero giocare al calcio, mandato via con una motivazione disarmante: aveva il fisico di Messi e Del Piero anziché quello di Ibrahimovic. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. E’ troppo semplicistico liquidare il tutto con la frase già fatta: la crisi economica ha colpito anche il calcio. Se così fosse, non si spiega perché società come Carpi, Frosinone, Teramo sono assurti agli onori del calcio che conta in tempo di crisi. Penso che la crisi riguarda la competenza ma, principalmente, sia una crisi di valori che sono venuti sempre meno. Adesso non è più tempo di recriminazioni, l’augurio più grande che si possa fare è che la Reggina possa ripartire con slancio e vigore con altra gente. Foti ha finito il suo percorso, la sua è stata una gestione con molte luci ma anche tante ombre; deve avere il coraggio e l’intelligenza – cosa che non gli manca – di farsi da parte. Calcisticamente sarà ricordato, forse, per le cose belle: aver fatto vivere ai tifosi della Reggina esperienze ed emozioni indimenticabili. “Gli uomini passano, le Istituzioni restano, a mio avviso, oltre il tempo e lo spazio”. Coloro che gli succederanno dovranno rimboccarsi le “maniche” e lavorare insieme alle forze sane di questa città con l’unico obiettivo di riportare la Reggina nel calcio che conta senza recriminare sul passato e pensare esclusivamente su quello che sarà. Il futuro è già cominciato! In bocca al lupo Reggina!
Giuseppe Condemi