Le distanze e le divergenze di opinioni in casa Pd non accennano a ridursi e risolversi e, qualora avessimo avuto ancora bisogno di una prova, la direzione odierna del partito ha messo nuovamente in evidenza la forte tensione che sta caratterizzando i rapporti tra maggioranza e minoranza dem. A surriscaldare gli animi ci ha pensato oggi il confronto/scontro sulla legge elettorale. Renzi ha chiarito di voler portare l’Italicum in aula entro il 27 aprile, per poter finalmente chiudere la partita non oltre il mese di maggio. L’obiettivo consiste nel capitalizzare al massimo il risultato delle europee, che, come si ricorderà fu pari per il Pd al 41% dei consensi, ma trova l’opposizione della minoranza interna che lamenta un crisi di democrazia e vorrebbe che la discussione venisse riaperta in Senato.
Il premier ovviamente non è stato dello stesso avviso e alla direzione dem ci è andato già pesante, attaccando praticamente tutti, dalla coalizione sociale che ha detto di non considerare né come futuro né come passato, pur non sottovalutando la sfida culturale che rappresenta, ai principali leader dell’opposizione. Grillo si è beccato l’etichetta di sciacallo, mentre Landini e Salvini quella di “soprammobili da tivù”. L’espressione non è piaciuta al leader del Carroccio che su fb, piuttosto che inveire contro il premier-segretario, ha rinnovato a Renzi l’invito ad un confronto in tv. “Se sono solo un soprammobile, non capisco perché il chiacchierone scappi sempre, e rifiuti qualsiasi confronto diretto”, ha replicato l’europarlamentare lombardo, che ha aggiunto: “da soprammobile, costringerò lui e i suoi compari a cambiare l’infame Legge Fornero, e a bloccare l’invasione clandestina. Evviva i soprammobili, abbasso gli incapaci”.
E cosi, anche per la legge elettorale si profila l’ipotesi della fiducia. Probabilmente non quella in parlamento ma senz’altro quella tra i rappresentati Pd e i cittadini. All’interno di questo quadro controverso – che costringe nuovamente il segretario dem sull’offensiva, senza considerare che egli stesso è, forse più di molti altri, un fenomeno televisivo di propaganda e marketing – c’è un dato che senza dubbio non è minimamente considerato dall’ex sindaco di Firenze. Oltre ad essere stato nominato, e non eletto democraticamente (il che è già un’anomalia rispetto al tipo di partito che rappresenta), alle recenti europee non soltanto ha dovuto fare i conti con un centrodestra diviso, litigioso, privo di un leader di spessore e di una prospettiva credibile, ma è stato anche avvantaggiato dallo stesso popolo di centrodestra che, stanco degli atteggiamenti e delle giravolte dei propri rappresentanti, in minima parte ha votato Pd, ma in massima parte ha deciso di disertare la urne.