Ripescando nei più lontani ricordi, i ricordi che ci riportano a quella particolare fase dell’infanzia nella quale si cominciava a comprendere e a trattenere le regole impartiteci dai nostri genitori come salutare gli adulti, portare rispetto all’insegnante, non buttare il pane, recitare le preghiere prima di addormentarsi, non mentire, c’era un concetto fondamentale di giustizia che veniva insegnato attraverso una serie di azioni e affermazioni che non potevano non lasciare traccia nella parte più profonda di chi lo recepiva. Il rispetto per la divisa (indossata da un soldato o da un carabiniere, da un poliziotto, da un finanziere o da una guardia forestale), traeva origine da una spiccata deferenza nei confronti dello Stato, dei suoi rappresentanti e di tutti coloro che erano impegnati nella salvaguardia dello Stato e nella vigilanza sull’osservanza delle sue leggi. Molti ricorderanno di persone nate all’inizio dello scorso secolo che alla vista di un carabiniere toglievano il cappello; eravamo già negli anni ’70 che non è proprio ieri, ma non è neanche una vita fa’! Eppure in meno di trenta anni si è verificato il più totale stravolgimento del nostro corredo etico e civile, che spesso diventa quasi impossibile far percepire ai nostri figli come fondamentali ed etici, alcuni concetti che se violati ci fanno ancora gridare allo scandalo. Patrimonio della nostra civiltà devono rimanere quel forte senso dello Stato, il rispetto per i garanti dello Stato e della sua Costituzione e quel senso di giustizia nella sua accezione più completa. Cos’è giusto e cosa non lo è? Sia che si rifletta sulla giustizia divina che su quella che ha origine dall’ordinamento giuridico di uno stato, se ne deduce che essa rappresenta un sistema, che sulla base di regole imposte agli uomini affinché non ledano il diritto altrui ad essere liberi, stabilisce ciò che è equo, corretto, imparziale. Senza soffermarci sul senso di questi importanti aggettivi e soprattutto sul senso che ultimamente si sta cercando di attribuire loro forzando regole, norme, consuetudini ed etica, vogliamo riflettere oggi e nei prossimi giorni su ciò che la giustizia rappresentava per Paolo Borsellino, servitore dello Stato, garante delle sue leggi e della sua Costituzione: un MAGISTRATO! “L’equivoco su cui spesso si gioca è questo: si dice quel politico era vicino ad un mafioso, quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con le organizzazioni mafiose, però la magistratura non lo ha condannato, quindi quel politico è un uomo onesto. E no! Questo discorso non va, perché la magistratura può fare solo un accertamento di carattere giudiziale, può dire: beh! Ci sono sospetti, ci sono sospetti anche gravi, ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria che mi consente di dire quest’uomo è un mafioso. Però, siccome dalle indagini sono emersi tanti fatti del genere, altri organi, altri poteri, cioè i politici, le organizzazioni disciplinari delle varie amministrazioni, i consigli comunali o quello che sia, dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi che non costituivano reato ma rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Questi giudizi non sono stati tratti perché ci si è nascosti dietro lo schermo della sentenza: questo tizio non è mai stato condannato, quindi è un uomo onesto. Ma dimmi un poco, ma tu non ne conosci di gente che è disonesta, che non è mai stata condannata perché non ci sono le prove per condannarla? C’è il grosso sospetto che dovrebbe, quantomeno, indurre soprattutto i partiti politici a fare grossa pulizia al loro interno di tutti coloro che sono raggiunti comunque da episodi o da fatti inquietanti, anche se non costituenti reati.” Per Paolo Borsellino la giustizia aveva un significato che è lontano da quello che oggi gli si attribuisce. Una nuova etica ha sovrastato quell’antico concetto che muoveva uomini diventati eroi nel vano tentativo di cancellare quella zona grigia che sovverte il regolare ordine delle cose.Per Paolo Borsellino giustizia era soprattutto
RISPETTO DELLE REGOLE STATO ONESTA’ CORAGGIO ABNEGAZIONE
Coordinamento delle Donne di Futuro e Libertà Calabria