Zona euro: crescita ingabbiata tra austerità, riforme e misure Bce

grafico-down-crisiIl tema della giornata politica appena trascorsa ha avuto come oggetto riforme e crescita, muovendosi tra le strette maglie dei controversi rapporti tra Italia ed istituzioni europee. Le politiche di austerità – ormai è assodato – non hanno prodotto i risultati sperati, non solo per quei Paesi che hanno già fatto le riforme ma anche per quelli che hanno intrapreso il percorso da qualche tempo e, secondo gli eurocrati, sarebbero sulla strada giusta. Sul banco degli imputanti, per il momento occupato da Nazioni come l’Italia e la Grecia (tanto per citarne due), che stanno soffrendo un periodo di forte crisi socio-economica, rischiano di finire, molto prima di quanto si ritenga, anche Francia e Germania. Ma non solo, perché se le cose peggiorano, alla lunga, le conseguenze negative ricadranno su tutti, persino sui Paesi del Nord Europa, che in questi ultimi anni hanno beneficiati di trattamenti legislativi molto favorevoli.

bceE anche in merito alle nuove misure proposte dalla Bce sarebbe necessario evidenziare alcuni punti oscuri. Il cosiddetto “quantitative easing “ (QE) – ovvero il piano di acquisti di titoli di Stato, da parte delle Bce, attraverso cui gli eurocrati, in uno estremo tentativo di salvare la zona euro, si sono posti l’obiettivo di far risalire l’inflazione e, conseguentemente, di rilanciare domanda e crescita, immettendo sul mercato liquidità pari a 1.100 miliardi di euro – andrebbe necessariamente esaminato con più attenzione. Il vero problema consiste nel fatto che l’acquisto avrà luogo all’interno del mercato secondario, campo di battaglia non solo di piccoli investitori ma anche dei grandi speculatori. Si potrebbe, infatti, verificare il rischio (molto concreto) per cui questi ultimi, che detengono la stragrande maggioranza dei titoli, con il denaro ottenuto a seguito dell’acquisto da parte della Bce faranno ancora altra speculazione, investendo ulteriormente in borsa per aumentare i loro profitti. La conseguenza, in questo caso, sarà quella per cui all’economia reale andranno soltanto le briciole. A quanto già detto si aggiungano altri meccanismi, direttamente ricollegati ai tassi di interesse, che, potrebbero spostare l’attenzione sull’acquisto di titoli aziendali. Questi ultimi, sebbene più rischiosi, posso essere “caratterizzati” da tassi di interesse più alti, nel momento in cui le aziende in crisi li mettono a disposizione di speculatori, che prima comprano i titoli e dopo pretendono che il malloppo venga loro restituito con il tasso di interesse prestabilito. Le conseguenze, se la situazione dovesse evolversi cosi, sono facilmente intuibili. Non è un caso, pertanto, che qualcuno abbia evidenziato come questa situazione potrebbe portare, alla lunga, ad una nuova crisi (o ad accentuare quella attuale) attraverso una bolla finanziaria. La storia insegna.

Il nostro Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, tuttavia, rinnova la propria fiducia a Mario Draghi, come guida della Bce, anche per i prossimi anni – smentendo, quindi, chi lo vorrebbe tra i possibili papabili per il Colle – e nonostante le perplessità espresse da Angela Merkel, secondo la quale, l’obiettivo principale è evitare il sorgere di fenomeni che possano, in qualche modo, indebolire la necessità delle riforme e di una cooperazione tra i Paesi europei. Ma Renzi che, a parte le chiacchiere contro l’austerità e a favore della crescita, non ha fatto praticamente nulla a livello europeo (nemmeno per difendere il “made in Italy), è chiamato anche a risolvere l’ennesimo strappo interno al Pd, in un momento particolare che potrebbe portare ad ulteriori defezioni. Sul terreno di gioco, in questo momento, ci sono la legge elettorale e l’elezione del nuovo Capo dello Stato.

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About the Author: Luigi Iacopino