Cosa farà il Nuovo centro destra a seguito della cocente delusione provocata dai mancati passi avanti, desiderati in materia di lavoro, per il momento non è dato a sapersi. Sta di fatto, però, che all’interno della maggioranza che sorregge l’attuale (non eletto) “Governo democratico”, si apre l’ennesima crepa in merito ad una questione che in molti avevano dato per scontata ma che, alla fine, scontata non si è rivelata. La riforma del lavoro ha determinato, si, alcune modifiche, ma, alla fine, il passo deciso, voluto ardentemente dagli alfaniani (con Sacconi in testa) non è stato compiuto. Quello che sull’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori è stato definito “scontro ideologico” ha, infatti, visto vincitore il Pd e, soprattutto, larga parte della minoranza. Leggendo quello che è il contenuto dei due decreti attuativi, da poco emessi dal Consiglio dei Ministri, si evince, infatti, la circostanza secondo la quale il reintegro resta a fronte di una condanna per licenziamento ingiustificato (illegittimo). In questo caso, pertanto, il datore di lavoro non potrà superare l’ostacolo con un maxi-indennizzo. Per il resto – secondo quanto previsto – verranno introdotti i nuovi contratti muniti di tutele crescenti, la disciplina dei licenziamenti sarà soggetta a nuove regole e verrà, appunto, introdotto l’indennizzo in luogo del reintegro, al di fuori di quanto prima specificato. Anche se è opportuno specificare che lo stesso segretario del Pd ha avuto nodo di chiarire che il testo dei decreti delegati è aperto al contributo delle commissioni parlamentari.
È ancora presto per esprimere qualunque tipo di giudizio ma, davvero, a chiusura di questo controverso 2014 resta ancora difficile capire quale sia stato il contributo decisivo del partito di Alfano al Governo a trazione Pd di Matteo Renzi. La riforma del lavoro appare incerta ed alimenta dubbi e perplessità, tanto è vero che i sindacati non hanno perso tempo nel denunciare il pericolo di generalizzazione della precarizzazione, attraverso la cancellazione del lavoro a tempo indeterminato; la manovra economica appare insufficiente ed ambigua, giacché alimenta la convinzione che con una mano si dà uno e con l’altra si prende due, se non tre; i rapporti con le istituzioni europee, al di là delle comunicazioni di intenti e delle belle parole, appaiono più contorti che mai, tanto è vero che il tanto atteso semestre italiano di guida europea si chiude nel silenzio senza che nessuno se ne sia realmente accorto e senza lasciare segni “tangibili” ma solo tante chiacchiere e tanti propositi controversi; l’immigrazione clandestina continua ad essere un problema drammatico che avvantaggia speculazioni e concorre a generare veri e propri giri d’affari sulla pelle di bisognosi e sulle spalle degli italiani.
Si potrebbe continuare per ore, ma per il momento ciò che interessa sottolineare è l’assenza di una vera prospettiva di sviluppo programmato e, quindi, di un vero e proprio piano socio-economico che riesca anche soltanto a far intravedere la luce alla fine del tunnel. Ma, forse, il tunnel è ben lontano dall’essere finito. C’è chi sostiene che questo 2014 si stia chiudendo nel peggiore dei modi e che il 2015 si aprirà tra le polemiche e le ritorsioni. Quel che è certo, almeno per il momento, è che di un serio percorso che porti alla riunificazione del centrodestra non si vede nemmeno l’ombra. Da una parte, Ncd, appoggiando il Governo, dall’altra, Forza Italia, alternando posizioni opposte e giustificando le aperture a Renzi attraverso ragionamenti al limite del verosimile, rischiano di non apparire più credibili agli occhi dei moderati italiani. Se il rischio di elezioni anticipate, da molti paventato per il 2015, dovesse concretizzarsi, sicuramente prenderà molti, se non tutti, impreparati. Soprattutto a destra.